Se al buio sorridi, io non riuscirò a vederlo. Se sussurri qualcosa mentre sei in un'altra valle, l'eco non riuscirà a scavalcare il monte. Se allunghi il passo, ma al bivio io ho già scelto. Se mi affidi un tuo segreto, e io lo chiudo in me, non saprai più dove lo tengo. Se piove, ma sei un'altra città, come stanotte.
Posso sorridere quando ti immagino. Posso aspettare te o raggiungerti per ascoltare ancora. Puoi chiedermi dove sto andando, prima di partire. Puoi tenerlo lì se vuoi, perché non c'è posto più protetto, lontano da te. Se piove, cadrà la pioggia sul mare, io lo so.
mercoledì, ottobre 09, 2019
La prima aveva un tavolo di legno e un pesce alla tv. Vetri lunghi, un maglioncino d'angora spumoso e jeans con i bottoni a forma di gelato. Gazze ladre all'alba e nespole oltre il giardino. Tele umide, alberi a pastello e un cane a dondolo color arcobaleno, prova certa del gusto dubbio di Babbo Natale. Una casetta di stoffa coi porcellini. E un lupo. Un corridoio dei passi lunghi, un ripostiglio da cui prendere la rincorsa e un telefono sip unico nascondiglio del facoltosissimo topolino dei miei denti. Aveva una scatola di mattoncini pieni e una fila di matite dalle infinite sfumature. Aveva una maniglia rotta e una collanina di corallo.
La seconda aveva un'abat-jour gialla, una lanterna per i treni e un pesce in copertina. Era lunga un metro e settantaequalcosa di giochi fatti su misura. C'era uno scivolo per le pulci, una zanzara che era impossibile stecchire, a meno che non fossi io a morire dalle risate. Era piccola e di passaggio.
La terza aveva libri e riviste in ogni dove, un gatto grigio e pochi quadri alle pareti. Alte finestre dai vetri fin troppo spessi e un grande letto su cui saltare se nessuno ci vedeva. Aveva due piccole risate, di cui una tenera e biondina. Corridoi paurosi nella notte e piste da corsa per il giorno, capanne, un'altalena e spettacoli teatrali di indiscutibile prestigio. Un giradischi, jazz, un tappeto dove ballare o stendersi a pensare, un cane alto ed uno basso. Aveva il profumo della torta di carote e del cream caramel nel forno. Aveva angoli netti e ben precisi.
La quarta aveva un lungo corridoio in marmo e un balcone misterioso. C'era il tavolo in legno e un pesce in forno. Aveva avventure sconfinate e nei fine settimana odore di resina e castagne. C'era carta dappertutto ed un pulcino a forma di candela su ogni torta. Era una famiglia tutta nuova.
La quinta aveva tre tazze di latte caldo, un raggio di sole e due gocce di caffè. Un dondolo spericolato e una bicicletta tutta rosa. Mele caramellate e bomboloni, cartoni animati e un piccolo lucchetto a un diario. Il tavolo in legno, fiori a colori sui pantaloni e secchi dentro i vasi. Aveva bisticci indemoniati e un dente perduto chissà dove. C'era profumo di torta alle mele e nel weekend di funghi e miele. Aveva due letti vicini e tantissime cose da dire ad ogni ora. Aveva salami appesi alle pareti e un piccolo fagiolo da allevare. Aveva qualcosa di semplice e normale.
La sesta custodiva ancora il mio letto di legno. C'era un posto per me ma stanze e scaffali così pieni di roba che anch'io non sapevo mai se restare. C'erano lì i racconti dei miei viaggi lontani e una porta chiusa sopra i ricordi più vecchi. C'era la mia assenza e silenzi strani.
La settima aveva risate accese e lunghi pianti. Un gatto grigio ed uno bianco. Una cucina gialla, una tenda verde e una bicicletta tutta rossa. All'improvviso spaghetti lunghi e penne corte. Era uno scompiglio che si è rivelato una fortuna.
L'ottava era gialla! Aveva un continuo vai e vieni di gente misteriosa. Il caffè del pomeriggio, i corridoi sempre in pigiama, i libri letti tutti d'un fiato a notte fonda. Un topolino avventuroso, una spalla scoperta, un piercing alle labbra e yogurt a cena. Aveva il naso gelido al mattino e un vento ubriacante d'estate. Aveva muri leggeri, fucili ad acqua e una collezione di foto alle pareti. Aveva la luce brillante di chi ha assaltato il cielo.
La nona ha pesanti muri di pietra ma cuori leggeri. Ha scale che s'avvitano e porte aperte. Ha vino, fumo e risate a crepapelle. Ha il profumo del pomodoro e pezzi di stoffa ovunque. Penne ai capelli, figlie che vanno e vengono, pantofole rubate. Ha il ritmo giusto del loro amore.
La decima aveva stanze larghe e pensieri stretti. Bacchette cinesi, lunghi riccioli biondi, riviste alla moda e dolcificanti. Aveva cinque rumori di tacco differenti e non un parere in comune. Aveva un armadio rosso e un buffo furetto bianco. Aveva macchie di tempera ai baffi, sciarpe puzzolenti nascoste dentro i cassetti e un metro e sessantaequalcosa di giochi notturni proprio a misura. Aveva una porta di legno leggera, pronta ad aprirsi per andar via.
L'undicesima aveva gambe incrociate fino a notte fonda. Finestre ghiacciate e risate calde. Topolini a due piani ed un cane peloso da accartocciare. Un vetro rotto e vasi da fiore ghiacciati. Tavoli pieni di spesa, bagnoschiuma in comune e un abbraccio forte e deciso all'addio.
La dodicesima ha ancora il tavolo in legno e pesci in padella. Ha pezzi della mia vita scomposti e ricomposti. Ha il mobile in legno, le sedie e il pulcino di cera. È il risultato più folle di tutti questi anni.
La tredicesima è ora. È qui. È quella col tetto in legno e i quadri appesi. Sono i miei libri, il mio computer, questo divano vecchio e la musica appena. È un guscio dentro cui sono rinata più e più volte. È il vento alle travi e l'albero di magnolie in fondo alla via. La ballerina di tango, il pianoforte che suona tra i camini spenti, il gatto Jerry e la Jole. È il mio passato e un assaggio del mio futuro. Un'orchidea, un Mirò, un pesce rosso, un'altalena, un angelo in pietra, un gatto e un'infinità di foto che a lungo ho conservato per una nuova parete.
È uno stargate. È questo coraggio che mi porto dentro che lotta da sempre con una paura folle dei cambiamenti. Questo continuo cercare un posto al sicuro pur sapendo bene che avere una casa non significano quattro pareti.
Scorrono insieme, le une accanto alle altre, le cose a cui più tengo ed altre meno care.
E serve un sacco di rigore, e attenzione, per non lasciar sfuggire nulla. Già che la mia vita è fatta da sempre di leggeri sentire, di impercettibili vibrazioni, di respiri in ascolto. Coordinate senza apparente senso, nate da pieni quieti e vuoti tormentati.
Hanno, i confini del mio percepire la realtà, una traccia simile a montagne russe. Una spazialità che voglio allenata ai cambiamenti. Una risonanza alle emozioni altrui ininterrotta.
Per non aver paura di ciò che non posso controllare, almeno in me.
A residence of risonance di Gina Matarazzo
lunedì, giugno 24, 2019
Bianco o nero,
in mezzo le stagioni, ed io. Ammaliata dalle sfumature.
Quando poi non voglio accettarle.
Vero o falso,
che non bastano mai. Eccetto alle mie intransigenze.
Quando qualcosa mi ferisce.
Buio o luce,
traditi continuamente. Dalla penombra dei miei pensieri.
Dove sembrano lucide anche le idee più inquiete.
Devo imparare a strambare.
Sui miei venti opposti.
mercoledì, novembre 21, 2018
Raddoppiano i miei anni lontano da casa, quest'anno.
E "casa" è una dimensione molto fluida, fatta delle mie nostalgie più timide, dei viali alberati a cui mi affeziono, dei miei amori vissuti o irrisolti, del profumo morbido di mia mamma, delle valige pronte all'ultimo secondo, degli abbracci stretti agli aeroporti, delle rughe nuove sui sorrisi al mio ritorno, delle candeline sulle torte, delle mie cene silenziose e sole, delle lucine di natale sulle porte, della mano di mio padre che prende ancora la mia prima d'attraversare.
Raddoppiano gli anni di questa scelta che a volte mi sembra terribile e incosciente inutilmente.
Eppure guardandoli all'indietro, so che la rifarei.
Ero lì, in piedi, ad un cenno hanno iniziato a cantare.
Ottanta voci.
Mi tremava la pelle, le gambe.
Volevo piangere dall'emozione, e non farlo.
Mi sentivo felice, e riuscivo a ricacciare i pensieri tristi.
Non volevo sentire altro, perché null'altro sembrava potesse avere un suono migliore.
E ho capito che lì c'era Dio.
C'era Dio perché accanto a me tutti erano certi ci fosse.
Bastava quello.
Non serviva niente di più.
Un incanto.
E all’improvviso ho avuto paura della morte.
Una paura carica di malinconia, di tutto il tempo che credevo di avere e potrei non avere più.
Di aver contato che prima o poi dirò, farò, saprò, proverò.
E una più cieca, profonda, raggelante, di quello che non accadrà e su cui io ho chinato tutti i miei più profondi e segreti desideri.
Ed è svanito.
Perché ho desiderato più di tutto che Dio esistesse anche in me.
Perché volevo che ci fosse per salvarmi dall'angoscia.
Perché era un bisogno primitivo, viscerale, di consolazione.
E ho capito che chi crede ha un vantaggio dolcissimo sugli altri.
Una sicurezza.
Che io non avrò mai.
Un conforto.
Al di là di qualsiasi cosa, accada qui, dopo, e per sempre.
La verità è che la bambina che è in me non cerca segni di spray colorati sui tombini, non scrive sui palloncini, non disegna ad acquerelli, non alleva le lumache, né raccoglie le cose da terra. La bambina che in me è sempre stata seduta composta, ha sempre cercato di ascoltare quello che non c'è tra le parole, ragiona, aspetta, cerca di capire, ha pazienza ed è rigida. È rigida come lo sono i bambini quando non capiscono le cose, quando avvertono che qualcosa non va ma non sanno cosa fare. Non si arrabbia e non cova mai rancore. Resta in silenzio, sa guardare e se ha paura si trattiene, la controlla.
La verità è che da sempre la bambina che è in me si impegna a non sbagliare, la bambina che ero, senza saperlo, era già grande.
La verità è che, per fortuna, la grande ama giocare.
Vado, torno, vado, vado, torno, ritorno, aspetto di andare, aspetto di tornare, vado ancora. Torno ancora.
Così, potrei spezzettarla in un continuo andirivieni, la mia vita. Un continuo cercar di star ferma per poi lasciarmi portar via o aver fretta d'andare, di tornare. Senza tregua.
È per questo che ad un certo punto devo aver messo degli stop sulle mie strade.
Per avere delle regole da violare e scoprire cosa accade se per una volta all'incrocio io non mi fermo.
E non ritorno.
Se si potessero contare, io lo vorrei sapere se sono più capace di dare risposte o fare le domande. Già che forse la smetterei di cercare perennemente un equilibrio tra le domande e le risposte che mi continuo a dare.
La verità è che io mi entusiasmo per poco, esattamente come accade ai bambini. La verità è che mi entusiasmo per le cose che a volte non nota nessuno, per le cose sceme, per dei minuscoli cuccioli di lumaca, ad esempio.
La verità è che non c'è nessun'aura magica intorno a me, né un particolare fascino, né nutro una particolare voglia di stupire. L'entusiasmo che sento spesso è così sfrontato che me ne vergogno.
Un entusiasmo così, se lo porti in giro, te lo fanno a pezzi in due secondi. Un'entusiasmo così corre a nascondersi in tasca se sei davanti a qualcuno che è cinico e disilluso.
La verità è che un entusiasmo così, per non perderlo, devi saperne fare un segreto e farlo venir fuori quando c'è umido e un po' di sole, e ti senti al sicuro.
[Cosimo14 - Un cucciolo del mio cucciolo di lumaca]
L'anima non è pelle. L'anima è un tessuto. E no, no, non è un tessuto elastico, non credere, bambina mia. L'anima è una stoffa. Non la indossi come un abito a fiori in primavera, è lei che indossa te. Indossa quei tuoi splendidi occhi marroni, i ciuffi morbidi e scompigliati, i braccialetti che senti tintinnare quando cammini svelta. L'anima si strappa, ecco perché non è una ferita quella che tu ti porti dentro.
Lo so che scoprirlo adesso non ti sembra di conforto, ma non aspettare che il tempo curi e lenisca il dolore dei tuoi sbagli. L'anima è una stoffa. La tua trama può essere pregiata e molto fitta, grezza o un velo trasparente, ma se si strappa non c'è niente che puoi fare se non tentare di cucirla. Non si rimargina da sola.
Non aver paura, bimba mia. Troverai la sfumatura giusta del tuo filo e l'ago adatto. E se non li troverai, darai qualche punto di un colore e poi di un altro, tirerai l'ago troppo in fretta o piano piano, non preoccuparti. Forse non ti sembrerà mai perfetto il tuo lavoro, tornerai a guardarla e ricorderai per sempre quello strappo, ma non lasciarla strappata troppo a lungo.
L'anima è una stoffa e se si strappa, prendi ago e filo e con pazienza prova a ricucirla.
Ho un taglio profondo e lungo da parte a parte. Dev'esserne uscito il senno quella mattina, perché tutt'oggi, io, con gran pazienza, ne raccolgo le gocce che si respingono e s'attraggono come il mercurio.
Ho un taglio profondo e lungo per tenerlo a mente, che non devo dimenticare d'essere un po' fragile, anch'io.
"Sono passati più di due anni Signorina"
"Lo so, ma vi avevo avvisato. Non ce l'ho fatta a far prima."
"Mi lasci guardare. Sono dorate"
"Sì e non le ho indossate."
"Ho visto, c'è l'etichetta"
"Le ho provate, ma non fanno per me."
"Sono una 42. Controllo se c'è una taglia più piccola?" "O una più grande?"
"Al limite una più piccola, ma s'è possibile vorrei cambiarle con delle altre."
"Va bene, ma che non costino meno, piuttosto aggiunge la differenza alla fine"
"Sì, grazie, io faccio un giro. Poi torno alla cassa."
E le ho scartate quelle variopinte, mi fanno pensare alle farfalle, e a volte mi fanno paura, sono imprevedibili. Ho scartato tutti i lustrini e le paillettes, ne voglio un paio per tutti i giorni e non mi piace essere appariscente. Ho indugiato su quelle color pastello, le avrei abbinate più facilmente. Quelle alla moda, non le ho nemmeno guardate. Ne ho visto un paio a fantasia che mi hanno tentato fino ad un attimo prima d'uscire. Gialle, verdi, nere, rosa, viola, arancio e azzurro, le ho snobbate senza ritegno. Ne ho prese un paio a righe color corallo per vedere come mi stessero. Passando in un corridoio, ho trovato una 40, color bronzo, stesso modello delle dorate. Le ho prese da provare per sfizio ed esser convinta del cambio alla cassa. Un paio più corte a strisce, un paio blu lunghe e un po' strette, un paio bianche ed altri modelli più originali li ho aggiunti al mucchio. Ero indecisa su un paio elegante in seta leggera, poi mi son detta che l'eleganza la fa il portamento. Ne ho preso ancora un ultimo paio prima d'entrare, un modello audace che fa molto chic e non impegna.
Sono entrata e mi sono spogliata. Davanti allo specchio, le blu strette e lunghe mi stavano davvero bene. Con quelle a righe sembravo molto ordinata, mi piaceva quel rosso. Ho fatto due passi fuori dal camerino, per guardarmi davanti e dietro negli altri tre specchi.
"Ti stanno benissimo" mi ha consigliato una commessa.
"Grazie." io odio quando la gente s'impiccia.
Sono rientrata, ho sfilato quelle a righe, ho fatto altre prove, ho deciso. Con calma ho rimesso i miei abiti, riallacciato stretta alla vita la mia cintura e di nuovo ho sciolto i capelli.
Sono tornata alla cassa e ho pagato la differenza.
"Grazie, prendo due caramelle."
"Prego, faccia pure, sono per i clienti"
E sono uscita, mangiando una caramella, con indosso il mio paio nuovo di ali.
A volte qualcuno custodisce qualcosa di te che fuggi, rifiuti o dimentichi di essere. E tu custodisci più di chiunque altro quello che, pur accettandolo, rifiuto di tener vivo a mente. È un collegamento sottile, vibrante, che io tendo sempre fino allo stremo pur di non avvicinarmi, eppure solido, resistente oltre ogni mia intollerabile spinta contraria. È una complicità e una fiducia cieca come solo tra fratelli, tra un fratello, tu, e una sorella, io. Non so come non si sia mai perso tutto questo.
C'è tanta gente che nella notte cerca rifugio o un'amante taciturna e buia, noi, siamo diversi. D'abitudine, di notte, ci prendiamo del tempo per digerire noi stessi, è un sottile tormento, guerra tra pause e non il contrario. Ed è di notte che ci siamo incontrati ultimamente.
Ci scherziamo su, ci prendiamo un po' in giro, giochiamo ad essere i figli più sfigati del mondo e con lo sguardo un po' impaurito facciamo i cinici. Ma stasera mi hai sorpreso. Stai crescendo e mi stai dando strada. Ho visto in te un'intransigenza verso il passato, verso gli eventi e chi ci ha travolto, che io non ho e non riesco ad avere.
Mi hai dato un consiglio.
Abbiamo parlato di loro, ancora e ancora.
In te il passato è più vivo che mai, tu sei il risultato di quello da cui io sono stata portata via, per il mio bene.
In me il passato è schiacciato più che mai, io sono il risultato di un allontanamento che mi costa una fatica tripla per comprendere cosa è accaduto.
Io non voglio riviverlo nemmeno nei miei ricordi, tu, e di questo sono orgogliosa, lo critichi per quello che è stato. Noi però, lo sappiamo bene, non siamo il nostro passato, siamo questo presente... in cui non dilaniarsi per ciò che è stato, non crogiolarsi nel ricordo, in cui, anche se con fatica, accettiamo quello che è e ciò che siamo. Noi siamo questo presente in cui ci incontriamo nel cuore della città di notte e sappiamo essere istintivamente complici, in questo gran caos che sono le nostre vite di sempre.
domenica, maggio 22, 2011
Da giovane dormivo nel castello avito
fatto di sogni usati e di disperazioni,
simile a un grande mausoleo,
dove si inizia ad alloggiare nella torre più alta
e si finisce, già troppo vecchi per ricominciare,
alla porta d'ingresso a ricordare.
È l'unica casa che non si è mai mossa in questa città.
È il loro Kansas.
Le porte a vetri, una sedia a dondolo, gli oleandri, l'odore di mandorla nell'angoliera, i quadri pieni di fiori, la musica classica, la lanterna dei treni, il cestino delle mollette, il cancello bianco di ferro per entrare in balcone... i loro Penati.
Eravamo lì tutti e sei e io ci guardavo.
"Le due Isabelle" ci han detto stasera.
Metà di me fa parte di ciò che loro sono, le strizzate d'occhio inattese, gli abbracci senza vergogna, gli sguardi che scrutano, la domanda impulsiva a cosa pensi?, quel modo squisito d'essere tremendamente golosi, le reazioni brusche, le rughe d'espressione e i sorrisi. Mi sono talmente lontani però, né gli appartengo, che costantemente devo rammentare a me stessa che è quello il posto dove lui desidera che io mi senta in famiglia. Faccio vibrare così quel filo invisibile che inesorabilmente mi lega e che io non recido. Eppure in me loro non esistono.
Siamo io e lui e nessun'altro, la mia famiglia.
lunedì, maggio 09, 2011
Se esiste una realtà altra al di là della veglia,
colei che sono, in quella realtà, è infelice e troppo complessa.
Lei ha timori che io non temo
compie gesti che io non desidero
e fugge continuamente.
Lei non si fida mai di nessuno.
Se scappa però scappo anch'io,
e quando il panico addosso d'esser raggiunte
spezza persino la corsa,
lei mi abbandona e rimango da sola,
distesa sul letto.
Il mio mondo è violato
e lo è anche il suo.
il cielo si oscura
non è notte duri elementi e sofisticati strumenti
gli oggetti cambiano forma e colore
di un grigio cinereo posso forgiare con mani divine
un freddo pungente
la linfa fra i rami
fluire
lucido
sinuoso
di un fiume
in me
scivola
sull'hennè
dentro i miei occhi
sulla saliva
fra le mie labbra
putti d'oro rosso si dondolano su altalene d'acanto
le anatre dal canneto
volano sull'acqua alle ninfe del mare i miei gioielli
gelida la sabbia
e l'oceano. aspettano un pensiero è il mio esistere qui ed ora
rimani in silenzio
ascolta la mia fucina è un vulcano mi siedo aspetto anch'io
scie di lumache
si rinchiudono in casa
ferro e fuoco tremano fra le mie mani e luce e suono e materia si piegano a me il mio furore si fa estro in una follia di schegge sono un dio
adesso.
la terra si bagna
e le bianche piume si fanno umide.
cri|stal|le|rì|a s.f. assortimento di oggetti di cristallo
Chi non perdona gli altri distrugge il ponte nel punto in cui anche lui deve passare. Proverbio africano
Il genere umano non può sopportare troppa realtà. T.S.Eliot
Anche la lotta verso la cima basta a riempire il cuore di un uomo. Bisogna immaginare Sisifo felice. Albert Camus
Talvolta si prende come cattiva abitudine l'essere infelici. George Eliot
Seri bisogna esserlo, non dirlo, e magari neanche sembrarlo. Seri si è o non si è: quando la serietà viene enunciata diventa ricatto e terrorismo. Pier Paolo Pasolini
Dire 'secondo me' è il fondamento della laicità. Carlo Flamigni
[...] ché perder tempo a chi più sa più spiace. Dante Alighieri
Le famiglie felici si somigliano sempre l'una con l'altra: ogni famiglia infelice lo è in un modo particolare. Lev Tolstoj
Le citazioni sono utili in periodi di ignoranza o di oscure credenze. Guy Debord
Sono partigiano e perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti. Antonio Gramsci
Se vuoi, sarò irreprensibilmente tenero: non un uomo, ma una nuvola in calzoni. V. Majakovski
È davvero strano che un indovino non rida quando incontra un altro indovino. Catone il Censore
A parità di energia, la verità vince sulla menzogna. Albert Camus
Forse, a ben pensarci, un pazzo non era che una minoranza formata da una sola persona. George Orwell
A memoria di rosa, non si è mai visto morire un giardiniere. Denis Diderot
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