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venerdì, dicembre 13, 2024

L’inverno

 la morbidezza di Ettore, appena torno a casa.

i suoi baffi bruciacchiati dalle candele di natale. per caso.

il freddo alle mani che congela.

i vestitini stretti, i collant neri, le lucine blu sui balconi.

la nebbia dietro le finestre, ma più di tutto davanti ai fari dell’auto confusi.

il silenzio che è una coltre fittissima dentro di me mentre fuori si addensano le parole, degli altri, le mie, fredde, freddissime anche loro.

non sono brava in inverno a trattenere questo calore, mi sembra sempre di dover scaldare gli altri, prima di me.

chissà quando lo imparo, a proteggermi, ad essere morbida, anch’io. meno confusa su cosa valga la pena scaldare, dentro me, di me.

e soprattutto quante parole ancora, che se solo mi ascoltassi sarei certa di accorgermi di una quiete che non va riempita. Già che l’inverno sono io. Con la mia brina, sui pensieri. Bellissima, ghiacciata. 

La primavera pure. 

L’autunno lontano, anche.



mercoledì, ottobre 09, 2024

Mi è venuta una ruga e ho preso la patente.

 La ruga è a fianco al mio occhio sinistro, è molto carina, è arrivata questa estate. Guidare no, l’ho imparato qualche anno fa, a dire il vero.

Ho aspettato molti anni la mia prima ruga, un po’ come si aspetta il primo bacio, il primo appuntamento, il primo matrimonio, la laurea. L’ho aspettata con un po’ di paura, già che il tempo a quel punto era davvero passato, ma pure fiera, con un po’ d’anticipo.

Sono arrivata fin qui. In macchina pure. Ma per lo più sui miei piedi, le mie spalle, le mie gambe. C’è tutta me e tutta intera, garantisco.

Qualche pezzo è rimasto indietro, non di me, si capisce. Qualche amico stronzo, la zia pure, quel fidanzatino che non mi ricordo mai di contare quando li conto. Anche tante città e sì, pure i pantaloni del piagiamino scozzese zerododici benetton (regalo della zia).

Altri sono rimasti qui più a lungo, non avevo mica voglia di lasciare indietro tutto.

Ho tenuto la voglia dei viaggi, la passione per le piante, i rametti, le conchiglie, le violette, scrivere, la lettura, e le cose curiose per terra. Ho tenuto l'attesa. 

Quell'attesa un po' sciocca, infantile, che qualcosa di sorprendente sarebbe successo, una chiamata, una chiesa, i giardini, le peonie, una rivoluzione al cuore che, si sa, sarebbe arrivata. La più lunga della mia vita, un'attesa lunghissima che è finita, eppure sembra ugualmente non finire mai.

Ho fatto tanti incidenti, non in macchina per carità, ma del cuore e diplomatici di certo. Ho corso contro paure che non si sono mai presentate, ho rincorso come una matta una pace che banalmente era nascosta dentro di me. 

Va detto pure che correre mi piace un sacco, ma la verità è che forse cerco solo di non farmi acchiappare dai rimpianti.
E per fortuna ancora non si son visti.


E poi è arrivata la ruga. Lì, al lato dell'occhio sinistro, carina, mi dice dei miei sorrisi, o forse che avrei dovuto evitare di strizzare gli occhi in pieno sole. 

Mia nonna, ennesimo pezzo rimasto indietro per fortuna, me lo diceva sempre "non strizzare gli occhi che ti fai brutta". Non ho mai capito perché strizzare gli occhi mi avrebbe fatto diventare brutta, ma il siciliano si sa è lingua immaginifica e allora io, che non sono da meno, per tutta una vita mi sono chiesta quando sarebbero arrivate queste orribili rughe che mi avrebbero fatto diventare davvero brutta. 

Nel frattempo, indomita, ho continuato a strizzarli e le rughe lì arricciate a sparire poco dopo.

Anni fa ho persino elaborato una teoria, una convinzione, che il calco del mio viso e le rughe più affollate avrebbero riflesso le mie espressioni più frequenti. E allora via a frenare le lacrime, a cambiare strada quando stavo per imboccare scelte sbagliate, a sorridere ai passanti, a conservare l'entusiasmo dopo i tragitti più emozionanti. Ho sempre preso sul serio le mie rughe, già che non potevo sopportare di avere per il resto della vita il volto triste. 

Quest'estate ho guardato tantissime cose senza occhiali da sole e settembre è stato il mese della ruga. 

Mi sono chiesta per tantissimi giorni se stavolta, almeno una, sarebbe rimasta a ricordarmi di non strizzare gli occhi al sole, di avere pazienza verso il passato che è dentro di me, a ricordarmi di prendere per mano la me bambina e dirle che sarà sempre bella se rispetterà l'entusiasmo del suo cuore. 

Ma siamo in autunno, e senza nemmeno riuscire ad affezionarmi, è già sparita.



martedì, febbraio 06, 2024

E poi ero

E poi ero
sommersa di parole
incastrate sotto il piede, tra le costole, nell'incavo tra l'indice e l'anulare.

Traboccavano, persino
senza uscire
in fila e pazienti come non sono mai stata.

Erano confuse
quelle non dette, poche,
le travolgenti, perse,
le più delicate, scelte.

Come a nascondino
un.

con il mio modo per trovarle,
due.

dove nessuno può vedermi, 
tre.

Acchiapparmi.
quattro.

Ovunque,
purché lontano da dove la me più grande ha fatto tana.


martedì, settembre 19, 2023

Dove sono


Sono in ritardo, sui tacchi, stanca. La porta a vetri che scorre qui davanti. Piove.

Un attimo fa pioveva? Dio sì forse pioveva. Vado in macchina lo stesso.

Un passo… e il cuore si placa, rallenta, all'infinito.

Un silenzio ovattato all’improvviso mi circonda, sono ferma e i piedi iniziano a bagnarsi, sa tutto di pioggia. Un odore umido di terra, di animali, di migliaia d’anni a viaggiare tra mare e cielo, di sale persino, qui a Milano.

Da quando la pioggia sa di inferno?
Sento un odore avvolgente di erba avvinta, di creature liberate,  è sapido, per nulla inerte. Sono incantata e mi raggela.

Sono immobile, qualcosa in me trova come mescolarsi velocemente a quest’umore tiepido qui intorno, qualcosa per ricordarmi anch’io eternamente avvinta, in viaggio, per nulla inerme.

E scivolo dentro un'appicosa bava di lumaca, mi annodo ai capelli che mi gocciolano sulle spalle, sento il freddo dei pantaloni bagnati sulle gambe, e lo sguardo suona le gocce che pendono dai rami come xilofoni. Non ho respiro, sono vapore. Sono il vento impercettibile che turba la simmetria di queste gocce in gravità. Non cado, vortico lentamente.

E sono incatenata, a questa me potente e selvatica. Sono fatta di sensazioni, che senza preavviso mi avvinghiano, silenziose e potenti. Sono fatta di antiche meraviglie e incanti. 

Io mi riconosco solo così, quando qualcosa mi attraversa e il mio animo s'avvince, infernale e infinito insieme. 




giovedì, marzo 09, 2023

Gli ultimi Trentanove

Come sono magiche le soglie. Hanno l'incanto del traguardo, l'equilibrio tra l'indietro e un avanti, una dose insita di inoppugnabile curiosità.

Il passato che tira, spinge, ti appesantisce o ti aiuta, leggero, a sollevare il peso.
Davanti il futuro, incerto, ammaliante, una quieta ascesa delle tue probabili o imprevedibili scelte.

Com'è sordido il richiamo di ciò che sei e non vuoi lasciare, non puoi lasciare, credi. E altrettanto conturbante la certezza densa di ciò che ti aspetta, convinto sempre che sarai altro, di più, meglio, diverso, nuovo, un sorprendente cambiamento.

Com'è furba la mente davanti alle soglie, disegna confini, panorami da lasciare. O si volta pur di non guardare.

M'aspetta, la mia mente. Banchetta allegra con le aspettative e i miei più inqueiti desideri. Tira liste, sceglie cose che vuol fare, s'affacenda per far spazio. In uno schiocco poi si placa. 

Non m'affanna la vita che ho lasciato, non mi dispero quasi mai sui collosi avrei potuto, sui chissà se avessi detto. Con incredibile fatica, scelgo, sempre, a quale me va fatto spazio. Ed è per questo che non m'angosciano i traguardi, non mi congelo sui timori di ciò che ha da venire.

Ma una cosa, pian pianino, sto imparando.

Serve essere raccolti, e accolti. Serve riavvicinare dentro tutti pezzi, accettare i miei spazi più remoti, legittimare i miei umori, anche i più inquieti.
Già che non posso controllare tutto e far ordine per dar fiato al mio bisogno di certezze.

Ho un accordo, una minuscola malìa, che suona meglio quando dentro in me tutto risuona. 

E allora chiudo gli occhi, ripasso la mia lista infinita di desideri, i miei quasi, i no e i dovrei, e m'accordo senza paura. Il suono è quello del mio cuore, rassicurante, perché da sempre lo conosco. 




sabato, gennaio 07, 2023

 Ci sono un sacco di cose che dicono grande, dentro di me.

Eppure continuo ad amare raccogliere le viole, i legnetti, osservare con la coda dell'occhio le cose minuscole, inutili, i gesti di cui nessuno si accorge.

Sono un'ancora. Ce n'è una dentro di me.
Che è la mia salvezza verso i muri freddi, le persone non accorte, i gesti e le parole che valicano i limiti. C'è un silenzio quieto dentro di me che salva, che mi salva. Dalle accozzaglie, che a volte creo, che a volte mi sovrastano, che a volte non tollero, negli agli, sugli altri. 

Ci sono un sacco di momenti in cui so di dover, voler, essere grande.

Ma dio quanto mi salva essere minuscola, la minuscola me che delle cose tenere e inconsuete si prende cura o semplicemente s'accorge.

E riprendo fiato. Finalmente.



[Il primo post in questa nuova casa, che tremavo all'idea non mi diventasse mai familiare alle parole della notte. le mie più care, e segrete].




lunedì, gennaio 31, 2022

Un dopo la tempesta

E le emozioni minuscole, nascoste, diventano silenziose, miti.
E le invisibili cose che noti non le dici più a nessuno, restano quiete.
Si assopisce, lo scompiglio.

Sembra che qualcosa si sia perso.
Sei più salda, meno travolta e travolgente.
Un dopo la tempesta.

Terrificante scoprire che agli altri piaci più così, disinnescata, fredda.
Che s'innamorano tutti di quel calore profondo solo se è lì, legato bene, dentro.
Faccio meno paura, pare.

Chissà come succede che diventi grande,
mentre il cuore si restringe. 

O almeno sembra.





mercoledì, settembre 08, 2021

Cameo 1

“Claudia ti voglio bene” 

mi disse uscendo dalla porta.


[Il padre del mio ex, quando mi salutò l’ultima volta]

domenica, settembre 05, 2021

La Commenda

 come sono strani certi Luoghi, sono completamente indifesi dalle impronte dei sentimenti 

e così il Caso.

ai passi della felicità ad esempio, potrebbero aver preceduto, inconsapevoli nel tempo e di qualche metro, le orme più tristi.

letteralmente.

stanotte, non senza forte turbamento, ne ho ri-trovato uno. 

ho scoperto che il teatro dei miei ricordi più disperati, uno dei luoghi che trattiene forte la memoria delle mie violenze familiari, è diventato palcoscenico di bianchissimi e gioiosi matrimoni. 

Eppure proprio lì, dietro le porte cerulee, sotto l’arco e il calpestio dei tacchi, un tempo dei cavalli, si  nascondeva, sordida, l’infelicità. 

Un posto da favola, mi ha detto qualcuno

e in effetti è nel “Vissero per sempre…” che comincia la vera storia di cui poi non si dimentica nessuno.

martedì, aprile 20, 2021

Vuoto per pieno

 Le cose morbide, io in punta di piedi, le cadute dalla trave, i capelli incastrati nell'elastico, il suono di una voce che ti tiene per mano il cuore tanti anni, la solitudine, i chilometri tra il duomo e il mare, il cassetto con le macchine fotografiche, il topolino dei denti, le zampe rosa del mio gatto, il cimitero in cima al paese, i vetri smerigliati dal mare, chinarsi per schivare un colpo, i mal di pancia interminabili, i semini di sesamo sulla crosta del pane, i nonostiscordar di me che spero fioriscano.

Ho questo vibrare di dettagli che al sopraggiungerne di altri non riesco a contenere. 

E un gran bisogno di vento, e pioggia. 






mercoledì, marzo 03, 2021

Ma che senso ha

 Bisogna essere saldi per mantenere un'amicizia, un amore, tutta la vita. Che se ti è salda la mente nulla si scolla, né si scompone o per dio si sgretola. Saldi a se stessi, incolumi al cambiamento, alle opinioni che ballano, al tempo che crepa. Intollerabili, persino, nella ripetitività dell'esserci.

Possibile che solo i matti ci riescano. Già che ti deve far più paura il cambiamento dell'incertezza. 
O i più abili, ad accettare, nei suoi insopportabili mutamenti, l'altro ma più di tutto se stessi.

venerdì, novembre 20, 2020

Di tutti i miei gusci.

 Restare centrati. 

Perché quello che mi sbilancia sta dentro, non fuori.
Perché devo tenere il passo saldo quando sollevo l'altra gamba al successivo.

 E non trattenere.

Perché ho il cuore piccolo, e il ripieno va dosato.
Perché so assorbire una gran dose di brutture, ma solo perché così le lascio andar via un po' meno mie.

 Concentrarsi.

Perché il tempo diluito in cose che non desidero diventa torbido.
Perché io senza la lucidità sui miei desideri perdo le coordinate.

 E scegliere.

Il superfluo di cui non posso fare a meno, la velocità che mi stanca, i silenzi che devo riempire di parole poi da qualche parte, le cose care di cui prendersi cura è sempre più faticoso quanto più mi avvicino. 
Di non smettere di cercare, finché non trovo.





lunedì, settembre 07, 2020

Un fiore di terra e mare

E cerco un rifugio, persa, tra le mille me che sono diventata e non sono. 
E non mi rassegno, inutilmente, al pensare più svelto, allo sfuggirmi della poesia, agli oggetti che in realtà banali non raccolgo.
Sono, di me, un seguito realistico.
Mi scivola, sulle spalle, un velo di incanti che trascino dietro come un monito a non dimenticare.
Sono quell'inseguire rapido delle mie magie, minuscole creature, dietro i miei passi.
Sono un riccio, una lumaca, un topo, una coda, un guscio, un granello, un sasso, un fiore nella sabbia, bianco.

E quasi sempre, a girarmi intorno, annusando i miei umori, mi ritrovo bella e più adulta.
Di ricordarmi di me, posso solo se rallento, e mi ascolto, e mi fido di questo mio vivere in un avvertire e riconoscere le mie sensazioni più nascoste.




giovedì, agosto 06, 2020

La vanagloria

 Di queste persone insicure, di cui avverto la necessità di un senso, di un'attenzione, di un pieno, di una verità che forse non è mai abbastanza, già che per bastare serve essere se stessi, la necessità di una singolarità che sia afferrabile, accettabile, esatta, incipiente. Di queste persone di cui avverto, forse con intollerabile presunzione, le incertezze a fior di pelle, i vuoti pieni di parole, le delicatezze malcelate, gli sguardi vigili al contesto.

Da queste persone, io, rifuggo. Perché ci vuole coraggio a mostrarsi insicuri, ci vuole insospettabile forza per non lasciarsi intimorire dalle proprie necessità, dai propri disincanti, per non diventare disillusi, cinici, sferzanti.

Di queste persone, piene di parole, che, a volte, raccontano di se stessi una magia molto più incantevole, quando non hanno voglia di stupire.


giovedì, giugno 25, 2020

Post-it

- Ci sono giorni che non finiscono se prima non trovo qualcosa che cerco di te.

-  Faccio lo stesso anch'io.

Avrei voluto rispondere quel giorno e non l'ho fatto.

venerdì, maggio 15, 2020

Quando provi a fidarti di qualcuno.

SABATO, MAGGIO 14, 2011 (nove anni fa)

Se al buio sorridi, io non riuscirò a vederlo.
Se sussurri qualcosa mentre sei in un'altra valle, 
l'eco non riuscirà a scavalcare il monte.
Se allunghi il passo, ma al bivio io ho già scelto.
Se mi affidi un tuo segreto, e io lo chiudo in me,
non saprai più dove lo tengo.
Se piove, ma sei un'altra città, come stanotte.

Posso sorridere quando ti immagino.
Posso aspettare te o raggiungerti per ascoltare ancora.
Puoi chiedermi dove sto andando, prima di partire.
Puoi tenerlo lì se vuoi, perché non c'è posto più protetto, 
lontano da te.
Se piove, cadrà la pioggia sul mare, io lo so.

lunedì, maggio 04, 2020

Nessun fiore fiorisce quanto la peonia.
Amélie Nothomb

C’è una poesia in me che s’avvolge alle mie sensazioni più intense e più sottili. È una magia, una malìa, incauta e potente che travolge i sensi, i miei anche.

C’è in me una musica di parole che suona eco misteriose come onde del mare tra le fronde degli alberi in fiore. È un incanto inquieto che invece di domare, mi doma. È di me la parte più segreta e misteriosa.

E mi sembra d’essere in pericolo quando lo dimentico, quando riempio il tempo di sentimenti poco densi, quando avverto senza afferrare, quando l'apparentemente convulso mi svuota e non riempie.
Mi terrorizza quando rimane lì nascosta in me così a lungo da sfiorire.



giovedì, aprile 30, 2020

Via quieta, 55

"Tu sei sempre con me" mi ha scritto.
Sono passati 9 anni. Non è cambiato nulla, se non un altro addio. 

18 Maggio 2011
È l'unica casa che non si è mai mossa in questa città.
È il loro Kansas.
Le porte a vetri, una sedia a dondolo, gli oleandri, l'odore di mandorla nell'angoliera, i quadri pieni di fiori, la musica classica, la lanterna dei treni, il cestino delle mollette, il cancello bianco di ferro per entrare in balcone... i loro Penati.
Eravamo lì tutti e sei e io ci guardavo.
"Le due Isabelle" ci han detto stasera.
Metà di me fa parte di ciò che loro sono, le strizzate d'occhio inattese, gli abbracci senza vergogna, gli sguardi che scrutano, la domanda impulsiva a cosa pensi?, quel modo squisito d'essere tremendamente golosi, le reazioni brusche, le rughe d'espressione e i sorrisi. Mi sono talmente lontani però, né gli appartengo, che costantemente devo rammentare a me stessa che è quello il posto dove lui desidera che io mi senta in famiglia. Faccio vibrare così quel filo invisibile che inesorabilmente mi lega e che io non recido. Eppure in me loro non esistono.
Siamo io e lui e nessun'altro, la mia famiglia.






lunedì, aprile 27, 2020

C'è una vita ormai così lontana da me, distante, antica nel mio cuore e a cui non torno mai, che quando affiora è come una lama avvolta nella stoffa, disinnescata, quieta, eppure sempre affilata.
E lì, so di non dover far correre il pensiero se non sono disposta a faticose accettazioni.
Già che il coltello, e la sua protezione, sono sempre io.




lunedì, aprile 20, 2020

È che in fondo mi piace questa cosa dei capelli bianchi. Mi piace non truccarmi. Non truccarmi mi piace proprio un sacco. Mi piace questa trasandatezza che mi lascia tempo libero, mi porta molte meno volte allo specchio per controllare che il mascara non sbavi, mi fa lavare i capelli durante il giorno quando capita perché tanto basta il phon. Mi piace questo trascorrere degli anni su di me, che a togliere il rossetto e le camicette, i tacchi, sembro più io. Mi piace che non ho il pensiero di uno sguardo addosso e la fantasticheria che il vero amore ti vedrà bellissima, anche se non lo sei, per sempre.