- Io delle tre linee sulla mia mano non so che farne
- Portala da una chiromante
- E che ci fa?
- Ti prende la mano e s'inventa una storia
- Io non voglio che s'inventi una storia
- S'inventa la storia della tua vita
- Ma io lo so com'è la mia vita
- Ti racconta il futuro
- Io non voglio saperlo il mio futuro
- Ma è ovvio che se l'inventa
- Se se l'inventa allora posso inventarlo anch'io
- Lei ha più fantasia
- Non so che farmene
- Del tuo futuro?
- No, delle mie linee
- Che ci vuoi fare? Lasciale lì
- Se sono lì un motivo dovrà pur esserci
- Perché mentre pieghi la mano...
- No no no... un motivo diverso
- A che ti serve un motivo?
- Non mi servono a nulla, proprio per questo
- Disegnaci sopra
- Già è un'idea
- Ecco
- Sono distanti tra loro, dovrei disegnarne altre
- E che ci fa?
- Non so che farmene di queste tre, figurati poi con delle altre!
- Non disegnarle...
- Siediti qui
- Che mi vuoi fare?
- Nulla, siediti qui. Guarda la mano
- Sì...
- Che cosa vedi?
- Le mie tre linee
- Adesso guarda la mia. Cosa ci vedi?
- Le tue tre linee
- Prova a pensare cosa accadrebbe se sparissero all'improvviso
- Sarebbe un po' strano
- Adesso chiudila
- Fatto
- Tienila stretta e loro spariscono
- No, non spariscono
- Prova a riaprirla
- Ci sono ancora
- Sì, ci sono ancora e sono tracce
- Non sai che farne delle tue tracce?
- Non riesco a capirle
- Sono un calco
- Ho un calco per tutte le volte che ho stretto la mano...
- Sì
- Io voglio sapere a cosa mi serve
- Io non lo so a cosa ti serve
- Forse è una mappa
- Forse è una storia
- Non voglio incontrare la tua chiromante!
- Ma è il tuo futuro!
- Forse è una misura
- Una misura?
- Sì, adesso mi siedo e in qualche modo le sommo
- E che ci fai?
- La mia misura
- A che ti serve?
- Se sommi le tue vene, le arterie e i capillari sai che puoi fare due volte il giro del mondo?
- Davvero?
- Sì. È chiaro che mi serve un'unità di misura più piccola
- Per farci cosa?
- Per capire dentro di me, da me a me, le mie distanze
- E poi?
- E poi avranno un senso
- Le tue tre linee?
- Le mie tracce.
venerdì, agosto 01, 2014
Il giro del mondo
domenica, gennaio 16, 2011
lunedì, dicembre 13, 2010
h.17:39 mi siedo di nuovo.
Una mano fredda e una no.
A mali estremi...
...un guanto solo.
Troppo tempo al computer, forse.
Mi alzo.
Inchiostro nero sulle dita.
Nel lavandino, sulla spugna.
Sembra nero di seppia.
L'odore della candeggina.
nell'altro, lavandino.
Ed entrambe le mani calde e bagnate.
Il nero è diventato verde sulla pelle.
strofina, strofina.
17:17.
Il rumore della stampante, sembra quello di un treno a vapore.
La crema rosa sulle mani.
profumo di fiori di ciliegio.
giovedì, agosto 05, 2010
E poi devi risalire, sempre a cucchiaiate.
Era come avere in mano un cucchiaio, che poca differenza faceva se era quello tradizionale di famiglia, passato di mano in mano, un cucchiaio d'argento ricevuto in eredità da una nonna ricca, o un regalo frutto di anni di sacrifici. Era sempre un cucchiaio.
E s'andava in giro tenendolo in mano, chiedendosi cosa mai c'era da farsene di un cucchiaio. Lo mettevi accanto al letto, sul comodino, prima di dormire, accanto al piatto, a pranzo, a volte quando ti servivano entrambe le mani, lo incastravi tra i capelli dietro l'orecchio, come i manovali con le sigarette. Non c'era niente da farsene di un cucchiaio.
Poi col tempo ci si abituava a far tutto, con un cucchiaio. Si raccoglievano cucchiaiate di sogni, di progetti, di tempo. E sì, faceva un po' differenza se il cucchiaio era quello d'argento che non si piegava mai, o quello passato di mano in mano, rinforzato con del fil di ferro.
Si facevano dei mucchietti e dovevi essere abbastanza bravo a non dare troppe cucchiaiate di sabbia, e aggiungere la giusta quantità d'argilla e di calcare.
Da allora si tiene sempre un cucchiaio in mano.
Anche perché ad un certo punto, arriva puntualmente il momento in cui ti accorgi che se c'è troppa sabbia, banalmente, frani. E arrivato a valle, pur continuando a chiederti cosa mai dovrai fartene di un cucchiaio, ti tocca guardare cosa hai costruito, o quello che ne rimane.
mercoledì, luglio 21, 2010
Provare per credere...
Credo si possa scegliere un buon frutto solo annusandolo. Non è quasi mai quello più lucido, senza alcuna imperfezione o dal colorito più omogeneo, il più buono. E' la pesca più profumata, il melone dall'aroma più dolce, la mela dall'odore meno pungente. Così io non ho ancora avuto tempo di osservare bene in base a cosa la gente sceglie la frutta, ma so per certo che appena mi avvicino a scegliere la mia e la annuso, sempre, sempre, qualcuno dopo di me o accanto a me prova ad annusare quella che ha in mano. E se quel frutto non profuma, ne rimane sorpreso, confuso, deluso, e non sa mai se comprarlo lo stesso o farsi coraggio e provare a prenderne un altro, quasi non ci si creda che pur venendo da lontano, la frutta possa portare con sé il suo profumo.
mercoledì, marzo 31, 2010
Mani
Metterò una mano sotto la tua, per aiutarti a sorreggere il peso di un bicchiere troppo pieno o mezzo vuoto. Indosserò quell'anello dopo averlo tolto per lavare i piatti, e sarà un battesimo ogni volta. Guarderò le tue mani accarezzare la loro pelliccia morbida e indifesa. Ti cercherò nel cuore della notte sotto il tuo cuscino. Aspetterò veder viaggiare la tua mano verso la mia bocca, per imboccarmi qualcosa, a cui darò un morso lentamente. Avrò le mani sporche di mango, mentre dovrò risponderti al computer. Le laverò con ossessione. Mi farai una carezza e non saprò accoglierla. Sentirò la tua mano sul ventre e sarà strano il fluire dei miei pensieri. Mi ferirò con distrazione e penserò che vorrà pur dire qualcosa.
Ma più di tutto vorrei essere presa al volo, prima di cadere. e sarà la mia mano a prendere la mia, perché so che devo smetterla di aspettare aiuto.
giovedì, ottobre 15, 2009
Post-it
Passo sempre la mano sul termosifone per controllare, ma quel primo giorno dell'anno in cui è caldo, io mi sento felicissima.
giovedì, maggio 21, 2009
Scherza coi santi, ma lascia in pace i fanti!
Prendi in mano il tuo destino.
Ma se a me, solo per ipotesi, toccare il destino mi facesse schifo?
lunedì, febbraio 09, 2009
La misura delle cose
Lui non è come gli altri.
Se gli metti davanti una tazzina calda di caffè non prenderà lentamente il cucchiaino, né si avvicinerà per sentirne l'odore, lui allungherà il suo metro, la misurerà, poi lo poserà sul tavolo e lentamente la sua mano viaggerà verso il cucchiaino per portarlo alla zuccheriera o si avvicinerà ad occhi chiusi per annusare l'aroma.
Lui misura tutto.
Porta con sé in una tasca il suo metro e se serve, prende la misura.
Lui misura anche l'aria.
Se prende un appunto, avrà prima, di certo, misurato il suo foglio o la sua penna.
Ho visto con i miei occhi misurare i bicchieri, i libri, le lampadine, le chiavi, le scarpe finanche la carta igienica.
Ormai è così avvezzo che non tende il suo metro dall'inizio di un capo stendendo l'altro ma srotola il metro e con un colpo d'occhio da un qualunque frammento, afferra al millimetro.
La qualità.
Lui misura ogni cosa per conoscerne la qualità. Ogni cosa ha una sua misura.
Lui non dice una sola parola in merito al risultato, lui misura, poi tace, ed il gesto seguente sarà comune e banale.
Lui misura anche la polvere.
Ho visto con i miei occhi misurare un'arancia, un bicchiere d'acqua, una stoffa, una foto, un guanto, un anello.
Aver la misura. Lui misura di tutto.
Conosco un uomo che prende la misura di ogni cosa.
Se gli domandi perché, lui prenderà a misurarti la lingua.
Eppure, ne ho la certezza, davanti ad un nano o ad un gigante non prenderebbe il suo metro.
Conosco un uomo che chiunque incontri, fa un passo in avanti e, mani in tasca, guarda fisso negli occhi.
