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giovedì, aprile 30, 2020

Via quieta, 55

"Tu sei sempre con me" mi ha scritto.
Sono passati 9 anni. Non è cambiato nulla, se non un altro addio. 

18 Maggio 2011
È l'unica casa che non si è mai mossa in questa città.
È il loro Kansas.
Le porte a vetri, una sedia a dondolo, gli oleandri, l'odore di mandorla nell'angoliera, i quadri pieni di fiori, la musica classica, la lanterna dei treni, il cestino delle mollette, il cancello bianco di ferro per entrare in balcone... i loro Penati.
Eravamo lì tutti e sei e io ci guardavo.
"Le due Isabelle" ci han detto stasera.
Metà di me fa parte di ciò che loro sono, le strizzate d'occhio inattese, gli abbracci senza vergogna, gli sguardi che scrutano, la domanda impulsiva a cosa pensi?, quel modo squisito d'essere tremendamente golosi, le reazioni brusche, le rughe d'espressione e i sorrisi. Mi sono talmente lontani però, né gli appartengo, che costantemente devo rammentare a me stessa che è quello il posto dove lui desidera che io mi senta in famiglia. Faccio vibrare così quel filo invisibile che inesorabilmente mi lega e che io non recido. Eppure in me loro non esistono.
Siamo io e lui e nessun'altro, la mia famiglia.






giovedì, febbraio 07, 2013

Eri lì. E lo sapevo che non volevi starci, forse lo sapevano tutti.
Eppure eri lì, immobile e disteso.

Se fossi stato una lumaca avresti tirato su quella cerniera fino al collo e lentamente saresti uscito per la porta.
Non eri più tu, perché tu non saresti mai rimasto lì disteso e fermo.

Eri lì. C'erano tutti e sapevamo tutti che era arrivato il momento di lasciarti andare.

E c'ero anch'io.
Cauta e inavvertitamente inquieta come mai.

Mi hanno terrorizzato le paure. Mi hanno terrorizzato le cose non dette, i baci non dati, le carezze mancate, le parole sprecate. Non è il tempo, inesorabile e sicuro, ad avermi spaventato. Erano i rimpianti. Erano lì, un manifesto candido e imperfetto quanto umano. Riempivano la stanza.

Ti ho visto stanotte in sogno chiedere il permesso per andare. Chino, stanco e sfinito, eri affacciato alla finestra ad aspettare. Avevano tutti troppe cose da dire, troppe emozioni da provare, troppi silenzi da colmare e non era importante che non fosse più il momento, che il momento fosse passato ormai per sempre.

Eri lì. E lo sapevano tutti, che tu non c'eri più.
Riempivano la stanza. Era quasi soffocante, la paura.

E mi è venuta un gran voglia di rassicurare tutti, di rassicurare me, di chiedermi fino allo stremo se anch'io un giorno mi accorgerò di aver conservato silenzi troppo quieti, distanze troppo lunghe, parole troppo acerbe o sentimenti poco chiari. Mi ha terrorizzato il dubbio.

Eri lì.
Perché un padre resta di conforto anche nei rimpianti.



martedì, maggio 08, 2012

C'è del tempo che passa e del tempo che non passa mai.

Ho conosciuto una volta una donna che viveva in sé un tempo immortale. Aveva rami di legno nodoso alle mani ma pelle fresca e morbida come terra appena bagnata. I suo ricordi s'avvitavano in pesanti spirali, sedevano stanchi e invisibili su sedie di corda e volavano via leggeri oltre porte aperte in cima alle scale. Aveva un'ala, una sola. E potrei giurare d'averla scorta aprirsi sulle sue spalle mentre s'arrampicava, lenta, per i viali più scoscesi del suo giardino. L'ho vista rinascere mille volte e ad ogni rinascita morir di dolore per ciò che per sempre è perduto.
Ho conosciuto una volta una donna che ha atteso un'intera vita per la sua rivoluzione. Al momento giusto è esplosa nel buio. E se c'è un modo per rendersi immortali, questo è perfetto.

“Ho aperto la finestra troppo tardi
con i capelli grigi…
…E’ difficile ad una vita qualunque
possedere gli oceani
con le finestre chiuse.
Le ho aperte, un giorno
Con le mani diafane e tozze
ed è stato come raccogliere
cocci di vetro a piene mani.”



Madre oggetto di casa di Elena La Verde

giovedì, gennaio 05, 2012

martedì, ottobre 25, 2011

gli incastri perfetti

e poi ho trascorso tutta la vita alla ricerca dell'incastro perfetto, qualcuno, qualcosa, un posto, un tempo, odori che si incastrassero perfettamente a quel mio perenne essere qui e ora. ho cercato ovunque, in chiunque, senza posa, senza tregua, ho cercato con la precisione di un chirurgo, con pazienza. e non mi sono fermato un attimo, ho cercato incastri perfetti anche in chi non avevo scelto di avere accanto, ho cercato i lati combacianti, cerniere e filettature. era una ricerca ossessiva e inquieta, ero certo e sicuro che per ogni uomo o donna che partecipasse alla mia esistenza dovesse esserci un lato, una angolo, uno spigolo che combaciasse alla perfezione. scandagliavo gli animi, i luoghi, le situazioni, finanche i sentimenti. avrei cercato anche negli ultimi istanti della mia esistenza, fuori da me, con ostinazione e scienza.
mi accorsi troppo tardi di aver sbagliato tutto.
iniziai allora a rovistare in me come un randagio alla ricerca degli ultimi resti, di qualcosa in disordine, fuori posto, di un alito di vento, di una rabbia incontrollata o di un momento di vera, autentica, pazzia. non trovai nulla. avevo ossessivamente disposto in ordine tutto. nell'attesa avevo riposto con logica e rigore qualsiasi cosa. avevo impronte e calchi per ogni emozione, per ogni colore e posa, avevo allineato sagome immaginarie pronte alla prova, manichini perfetti a mia immagine e somiglianza. non c'era caos, non c'era confusione o pose scomposte. e non mi fu facile accettare di dover ricominciare dall'inizio, non fu facile volgere il mio sguardo dentro, per una volta, solo dentro. per una vita intera mi ero proteso verso fuori, tendendo un braccio, lo sguardo, il cuore pronti alla verifica, tirando qualcuno a me fino al confine, fino all'orlo. avevo sempre guardato a me con occhi bassi e curiosi, sempre teso all'orizzonte dei miei limiti e mai oltre, dentro me.
trovai in disordine solo l'errore di sempre, non aveva posto, né tempo ed era l'unica perfetta certezza alla rinfusa. iniziai da quello e non avendo fatto altro per tutta la vita, per quanto sciocco, subito tentai di capire se ci fosse modo di incastrarlo. scoprii con sorpresa che combaciava alla perfezione con la mia più profonda, rigida e consapevole insicurezza. e mi si spezzò il fiato. per la contentezza tirai fuori il ricordo dei miei tentativi più sofferti, gli odori più cari, presi a caso una delle immagini di me più impavida e con rabbia scagliai per terra la mia posa più severa. la mia foga di risposte si esaurì e non rimisi nulla in ordine.
mi fermai così, in bilico, e senza esitazione mi rassegnai al caos degli eventi, ai miei limiti, a quelli altrui, all'incertezza del dubbio. mi avvicinai di nuovo all'orlo e con mano decisa ne cancellai la traccia. avevo una paura terribile di perdermi per sempre, di non trovare più nessuno perché così, senza regola, non avevo mai cercato. e vagando nella mia vita, nel mio qui e ora, accolsi in me, qualcuno, qualcosa, un posto, un tempo, odori capaci di stravolgere il mio equilibrio, di pungermi con spigoli duri, di rivoluzionare il mio tempo e la mia pace. accettai chi non avevo scelto di avere accanto e capii che avrei dovuto avvicinare il mio cuore con fatica e cieca fiducia. imparai ad accettare i gesti inesatti, le parole non dette e le assenze imperdonabili.
per una vita avevo imparato a misurare con calma i contorni, avrei misurato l'imperfezione fino alla fine dei miei giorni, senza riuscirci, per fortuna.



a lei e a quel suo sforzo continuo e dolce di guardarsi dentro

sabato, settembre 10, 2011

Il Signor Virgola Caligola Naso*
per gli amici Quello Grigio

E non sapevo cosa scrivere, perché scrivere di un piccolo coniglio sembra strano. Sembra quasi ridicolo, perché nessuno può capire. E allora guardando uno stupido film, che poi forse tanto stupido non era, ho capito che non era ridicolo affatto.
Perché quel piccoletto ci ha fatto ridere un sacco, ci ha intenerito il cuore, ci ha fatto arrabbiare, litigare, ha sporcato ovunque e ha rosicchiato tutti i fili di casa... ma era il nostro cucciolo, un pezzettino della nostra famiglia e ha riempito i nostri ricordi. ...e come si fa a sentirsi arrabbiati fino in fondo davanti ad un guaio, a non ridere se tutto non è in ordine intorno a lui, a non voler fare un sacrificio in più ogni giorno anche se è notte fonda, come si fa a non pensare che i suoi ultimi due mesi è stato libero e felice e non esserne felici anche noi... come si fa non sentirsi così tristi oggi...


"Ohana significa famiglia e famiglia vuol dire che che nessuno viene abbandonato o dimenticato."

E noi ci ricorderemo sempre delle sue palline odiose, del rumore del legno rosicchiato nel cuore della notte, dei suoi dispetti a Punto, della sua codina bianca e del cuscino azzurro.
Io mi ricorderò sempre del momento in cui, per la prima volta, tanti anni fa, ti ho sentito piccolo e indifeso tra le mie mani, mi ricorderò sempre di te nella nostra piccola strana famiglia disastrata, dove tu avevi un posticino d'onore, con il sederino rivolto a Punto.




...e in quest'origami c'è un pochino del nostro amore per te.

* che nemmeno un papa avrebbe avuto un nome così regale e figo!


domenica, gennaio 25, 2009

Camminava al centro della strada
per terra le luci dei lampioni erano spezzate dal ferro dei binari
si sentiva il respiro degli alberi
dopo la pioggia.

Portava in mano un sacchetto di carta grande e pesante
i capelli arruffati come cenere appena fredda
il naso grande.

L'impermeabile ne faceva una figura distinta
se non fosse che come un funambolo
metteva un piede davanti all'altro
dondolando la vita.

Le macchine silenziose gli passavano accanto
impietose e veloci.

Dritto e sicuro
lo sguardo fermo e distante
un passo dopo l'altro,
uno dopo l'altro...
con calma.

Sono rimasta a guardare
finché ho rotto l'incanto,
sottovoce ho chiesto se voleva seguirmi
perché la linea invisibile, guardi, continua lì sul marciapiede.

Mi sono fermata aspettando e tendendo la mano.
Per un attimo ho pensato che non mi avrebbe seguita
che mi avrebbe guardata e aggredita da lì.

Invece...

mentre la fune si staccava da terra ed io con lui
dondolavo in equilibrio sul binario di ferro

mi ha guardata sorpreso
e lentamente, senza nessun imbarazzo,
mi ha spiegato che solo più avanti la strada avrebbe girato
e lui
al centro di tutto
l'avrebbe seguita sino alla curva.