- È trascorso un anno.
- Mi sembra di trattenere il fiato da allora.
- Ne sono trascorsi molti di più.
- Lo so. Mi sento così da tantissimo tempo.
- Lo so. Smetti.
- Di fare cosa?
- Di trattenerlo.
- Il fiato?
- Smetti, e vieni fuori. E basta.
lunedì, settembre 03, 2018
giovedì, ottobre 22, 2015
Ho nascosto un sacco di cose. Ho nascosto tante di quelle cose che non so nemmeno più dove andare a cercarle. Le ho nascoste nelle vite che ho dimenticato. Ho nascosto cose orribili e dettagli inutili che se non li ricordo io, davvero, non esistono. Credo che questo tu, di me, dovresti saperlo. E non li tirerò fuori, davvero no. Che se non esistono io rimarrò così, come sono adesso, un presente continuo.
Il limone nei gusci di lumaca, ad esempio, ricordo dove l'ho messo, il retro degli alberi di Natale, anche, il cassetto sotto lo specchio con le macchine fotografiche di mio padre, l'ho ritrovato adesso.
Ma ci sono angoli dove ho nascosto qualcosa di me dietro cui non girerò più per cercare. Angoli dove non ci torno da sola, né vorrei mai che qualcuno vedesse.
Ho nascosto un sacco di cose. Ho nascosto tante di quelle cose che a volte ho paura di non saper dove cercarmi. Però ecco, se ti accorgessi di volermi trovare, ti chiederei di girarti di spalle e contare a voce alta fino a cinque. Al due andrei nascondermi, per poi venire a cercarmi.
lunedì, aprile 20, 2015
Nella mia testa
- sai quando i bambini tengono l'indice e il pollice strettissimi?
- sì
- che non stanno stringendo nulla in realtà
- sì
- ecco, adesso io ho in testa una fissa così
- una cosa strettissima?
- no, l'indice e il pollice strettissimi ma senza senso
- e che vuol dire?
- ma non lo so, è un'immagine nella mia testa
- come le altre?
- sì, ha preso il posto della spirale che mi sale alla gamba
- e stavolta che vorrà dire?
- non lo so
- sempre strettissimi?
- sì, a volte si fanno a cucchiaio
- a cucchiaio?
- sì, come quando tieni un passerotto tra le mani per non farlo volare
- tipo una gabbia?
- no, tipo una cuccia
- un nido?
- no, più un riparo
- e il pollice e l'indice che cosa c'entrano?
- che piano piano si fa così tanto piccolo che diventa strettissimo
- e cosa protegge?
- ma non lo so
- forse non protegge più nulla
- forse è minuscolo
- forse non serve
- forse è nascosto
- forse sei tu
- che sono io?
- finalmente un riparo.
martedì, settembre 16, 2014
Entropia viene dal greco, significa ἐν en "dentro" e τροπή tropé "trasformazione".
- Avevo un sacco di confusione in testa. Una cosa tipo le matasse, anche se le "matasse" mi hanno sempre fatto pensare alle palle di pelo che vomitano i gatti.
- In effetti...
- Poi ad un certo punto, un certo punto nel futuro, capitò che smisi di voler mettere tutto in ordine.
- Iniziasti comunque a trovare ogni cosa?
- No, non capitò, rimase ancora un gran casino.
Ma sai cosa mi accadde?
- No
- Accadde che iniziai a camminare dritto seguendo una direzione scomposta e totalmente disordinata che credo stesse soltanto nella mia testa. E sai cosa trovai?
- Di nuovo no
- Trovai che crescendo non mi importava più tenere il controllo. Ero un gran casino e nonostante tutto non smettevo di piacermi. Mi capisci?
- Se dico ancora no ci resti male?
- Certo che no
- Allora no
- Ad un certo punto, nel futuro, mentre ero un gran casino iniziai ad accorgermi che pur non tenendo tutto sotto controllo, riuscivo a non perdermi tra le mie cose. Mi accorsi che fanno tutti un mucchio di casini, ma se solo ti concentri, se solo ti fermi a pensare, un gran casino ci stai un attimo a risolverlo, se lo vuoi.
- Non è sempre vero
- No, non lo è. Ma il casino che avevo dentro, ci avrei impiegato uno schiocco a rimetterlo in ordine.
- E allora?
- E allora, forse, avevo imparato a non superare il limite oltre il quale il mio disordine riesce a spezzare il mio equilibrio. Avevo imparato a controllarlo e ad avere la pazienza di accettarlo.
- Senza cambiare le cose?
- Senza rimetterle in ordine.
- È un po' la stessa cosa
- No che non lo è. L'ho capito qualche anno dopo. Stava solo cambiando il mio ordine, solo che io ancora non lo sapevo.
venerdì, luglio 18, 2014
Ti piove dentro.
- Perché non scrivi una storia?
- Che storia?
- Una storia
- Ma le storie non si scrivono
- Una storia inventata
- Ma io non ne so inventare storie
- Tu inventi storie di continuo
- Non so scrivere storie
- Allora scrivi una poesia d'amore
- Le poesie d'amore non esistono
- Che dici
- Ti dico che non esistono
- Allora una favola, una favola per bambini
- Di fantasia?
- Sì
- La fantasia è un posto dove ci piove dentro, diceva qualcuno
- E falla piovere
- Una favola in cui piove non può avere un lieto fine
- Piove e poi smette
- Se smette non è più fantasia
- Allora fai piovere, ma scrivila
- Potrei scrivere una favola in cui tutti sono fatti di zucchero
- Se sono fatti di zucchero lo sai che si sciolgono
- Ma deve piovere per forza
- E si sciolgono?
- Non posso dargli un ombrello
- Dagli un ombrello, giusto!
- No, non posso
- Perché no?
- Perché anche l'ombrello dev'essere di zucchero
- Così si scioglie tutto
- Gli impermeabili di zucchero, anche i cappelli, le scarpe
- Si sciolgono...
- Anche i tetti e il cielo
- Si sciolgono!
- E gli uccelli e le nuvole, anche il mare
- Ma non è una storia, è una catastrofe!
- Anche i cerotti sono di zucchero
- ...un mondo di zucchero
- Sì
- E qual è la storia?
- Ah già, la storia...
- Sì, ci vuole una storia.
- Ma la storia non ce l'ho
- Non ci può essere una favola senza una storia
- La storia è che sono tutti di zucchero e poi piove
- E che succede?
- Succede che piove
- E poi?
- Si sciolgono
- Non è una favola
- Però ci piove dentro
- Non c'è una storia
- Io non ne so inventare storie
- Sì che lo sai fare
- Davvero, solo nella realtà non piove
- Piove e poi smette
- Sì, smette.
- Qui smette?
- Qui dove?
- Qui! Piove!!
- Sì lo so
- E perché te ne stai lì impalata!
- Perché piove...
- Ma hai detto che non smette! Corri!
- Ma dove?
- Al riparo!
- Ma qui è tutto fatto di zucchero!
- Te l'ho detto! Dovevi inventare un ombrello!
- Ma l'ho fatto!
- È di zucchero! E si sta sciogliendo davvero!
- Ecco, vedi? Te l'ho detto che non so inventare storie!
- Ma piove!
- Lo so!
- Smetterà???
- La fantasia?
- Sì!
- Certo che no.
martedì, giugno 24, 2014
Lettera #2
Bambina mia, per mettere a dormire le paure raccontagli le tue fiabe peggiori, già che le paure più irrequiete si fanno spaventare dai racconti belli e ardimentosi.
mercoledì, maggio 28, 2014
- Col pestello
- Che ci faccio col pestello?
- Schiacciale tutte
- Tutte cosa?
- Le emozioni
- Non voglio schiacciarle
- Fidati, schiacciale
- Ma non voglio
- Prova, vedrai che funziona
- Ma non mi va
- Ma dopo starai meglio
- Col pestello...
- Sì, mettile tutte insieme, e schiacciale
- Io non voglio schiacciarle tutte
- Schiacciale tutte
- Ma le manderò in pezzi
- Sì
- E non ci capirò più nulla
- No
- Per non sentirne più nessuna?
- No. Ce ne sarà una che profumerà più delle altre...
- ...e
- E sarà quella giusta.
domenica, maggio 25, 2014
Autoscatti
Così hai infilato la tua mano piccola nella mia e all'improvviso ti tenevo, morbida e ossuta.
Eri metà di me eppure più dritta, più sicura. Mettevi un passo dietro l'altro saltellando, come sulle nuvole.
Sapevi esattamente dove stessimo andando e non avevi domande da farmi. Alla te più grande, a me, non avresti chiesto nulla perché non c'era fretta.
Abbiamo camminato per giorni e giorni, hai saltato le pozzanghere e sorriso agli arcobaleni sulla spiaggia. Abbiamo raccolto le conchiglie e sprofondato con i piedi sulla sabbia umida e poi calda.
Con difficoltà ricordo che forma avessero i tuoi disegni nella mente. Se curvavano all'improvviso o le linee si alzavano timide e potenti, o potenti e poi timide. Non ricordo nemmeno se preferivi disegnare a cera o coi pennarelli, coi pennelli o le matite. Abbiamo temperato però tantissime matite per vederle tutte in ordine dalla più corta, quella rossa, alla più lunga.
Ti ho stretta forte quando hai smesso di piangere perché spesso mentre piangevi piangevo anch'io e mi hai fatta chinare per raccogliere le margherite, e poi le foglie, e poi le pietre, e poi le more o le lumache.
E anche quando mi sono seduta stanca, triste, tu saltellavi ancora per chiedermi di giocare, di non smettere di giocare, di non perdere l'entusiasmo, di non stancarmi davvero, di ascoltare ancora le tue storie.
Così ho imparato a tenerti per mano, a non irrigidire il braccio durante la corsa, a chinarmi appena mi tiri vicino a te. Ho imparato a consolarti quando mandi in pezzi le cose. Ho imparato a ricordarmi di te e a metterti a fuoco anche quando non vuoi guardare dritto nell'obiettivo.
E stai imparando ad aspettare che io chiuda le porte del tuo armadio prima di dormire. Da cui non usciranno mai i mostri di cui hai paura. Te lo prometto.
martedì, aprile 08, 2014
Le cose che so sono spesso quelle che ancora ho da imparare.
"Filano dritte senza cambi come i treni dei bambini che viaggiano su un unico binario. Hanno i colori distinti e forti degli arcobaleni a matita e le righe nette che sembrano puntate col compasso. Se ci guardi dentro, hanno la luce buona del mattino e gli uccellini che cantano al tramonto. Le buone occasioni le riconosci subito, si vedono per bene come gli incontri perfetti delle fiabe e non te lo dice mai nessuno che da un momento all'altro potrebbe arrivare la tua impeccabile e perfetta."
"No, no, no. Le buone occasioni ti arrivano alle spalle e non sai mai cosa aspettarti. Cambiano direzione all'improvviso e non si lasciano afferrare. Sono le sfumature, i disegni approssimati, le righe storte disegnate con le mani.
Hanno il colore scuro della notte e i rumori strani del vento. Non riesci a riconoscerle nemmeno se decidi di vestirle con gli abiti perfetti delle fiabe e sì, non te lo dice mai nessuno che da un momento all'altro potrebbe arrivare la tua impeccabile e perfetta."
Alle buone occasioni puoi continuare a giocare o smettere di crederci come fanno a un certo punto i bambini con le fiabe.
Ma in fondo fa poca differenza. Le buone occasioni sono quelle in cui capisci qualcosa che prima non sapevi.
E io questo ancora lo devo imparare.
lunedì, novembre 11, 2013
Non mi fido di quelli che hanno sempre qualcosa da dire.
- Ti viene in mente qualcosa di più fragile delle insicurezze?
- Sì, le fortezze che gli hai costruito intorno.
giovedì, luglio 05, 2012
Conserve
- io, i miei momenti migliori li tengo da parte.
- come le melanzane, quindi.
- è una fissa questa tua delle conserve!
- sono buone!
- non li tengo sott'olio, li immagino come camomille a pelo d'acqua. -
ammollo in acqua t'appassiscono...
- non appassiscono. se una sfiorisce ne sboccia un'altra o un altro fiore.
- che idee stupide che hai. meglio le melanzane.
- non appassiscono, t'ho detto.
- e che fanno?
- stanno lì.
- e che fanno?
- fanno che secondo me i momenti migliori hanno qualcosa a che fare con la parola giusta al momento giusto.
- quelle le conosco.
- non c'è un prima e non c'è un dopo, va detta in quell'istante oppure niente.
- sì, conoscevo una che ci riusciva sempre.
- a fare cosa?
- a beccare quelle giuste.
- a me non riesce quasi mai.
- a me nemmeno.
- però l'avverto.
- cosa?
- il momento esatto.
- e come fai?
- a dire il vero non ne ho idea. ma c'è qualcosa in quello che succede per cui l'avverto.
- come un rabdomante!
- come un segnavento...
- meglio un rabdomante...
- non trovavano mai nulla, i rabdomanti.
- ma suona bene!
- eh sì, ma non trovavano nulla lo stesso!
- e vabbè!
- un segnavento...
- ok. ma non s'è ancora capito perché tieni da parte 'sti fiori ammollo all'acqua.
- te l'ho detto, il momento perfetto, dev'essere uno ed uno solo. o è quello giusto oppure niente.
- e tutto il resto?
- che ne so!
- dimmi che te ne fai di tutto il resto
- del resto io... il resto è l'acqua!
- sai che noia.
- hai visto mai dell'acqua ferma, tu?
- nella mia vasca da bagno quando trattengo il respiro ad occhi chiusi e poi li apro è tutto fermo.
- e se respiri?
- si muove tutto.
- e appunto.
- quindi c'è st'acqua un po' agitata piena di fiori galleggianti?
- sì.
- non ti ci vedo.
- dici?
- tu sei sicura che sono camomille profumate, acqua mossa e tutto così perfetto e definito?
- non lo so... detta così ho anch'io l'impressione che qualcosa non funzioni.
- non funziona per niente.
- hai ragione.
- togli i fiori per favore. alle camomille sei anche allergica.
- ...tengo il mare.
- era un lago.
- no, un mare.
- almeno quello s'avvicina...
- tengo il mare e tolgo i fiori.
- e che ci metti?
- dammi un attimo e ci penso...
- sai nuotare?
- certo, sì
- metti te.
- e poi che faccio?
- resti lì.
- e cosa faccio?
- nuoti.
- nuoto. e tutto il resto?
- del resto non t'importa, tu nuota e stai a galla.
- sto a galla...
- io, mi metto sulla riva.
- a fare cosa?
- a beccare il momento giusto in cui mi guardi
- e tu che fai?
- io t'aspetto.
- e cosa aspetti?
- aspetto il momento giusto.
- qual è il momento giusto?
- quel momento in cui dal mare avrai bisogno di qualcuno fermo e immobile che ti guardi e ti ricordi che non sei una melanzana.
- non lo sono...
- non lo sei.
lunedì, marzo 14, 2011
tra me...
« Non so... a volte arriva qualcosa, da dentro a dentro, e mi schiaccia.»
« Tu schiacciala più forte.»