venerdì, maggio 15, 2020

Quando provi a fidarti di qualcuno.

SABATO, MAGGIO 14, 2011 (nove anni fa)

Se al buio sorridi, io non riuscirò a vederlo.
Se sussurri qualcosa mentre sei in un'altra valle, 
l'eco non riuscirà a scavalcare il monte.
Se allunghi il passo, ma al bivio io ho già scelto.
Se mi affidi un tuo segreto, e io lo chiudo in me,
non saprai più dove lo tengo.
Se piove, ma sei un'altra città, come stanotte.

Posso sorridere quando ti immagino.
Posso aspettare te o raggiungerti per ascoltare ancora.
Puoi chiedermi dove sto andando, prima di partire.
Puoi tenerlo lì se vuoi, perché non c'è posto più protetto, 
lontano da te.
Se piove, cadrà la pioggia sul mare, io lo so.

lunedì, maggio 04, 2020

Nessun fiore fiorisce quanto la peonia.
Amélie Nothomb

C’è una poesia in me che s’avvolge alle mie sensazioni più intense e più sottili. È una magia, una malìa, incauta e potente che travolge i sensi, i miei anche.

C’è in me una musica di parole che suona eco misteriose come onde del mare tra le fronde degli alberi in fiore. È un incanto inquieto che invece di domare, mi doma. È di me la parte più segreta e misteriosa.

E mi sembra d’essere in pericolo quando lo dimentico, quando riempio il tempo di sentimenti poco densi, quando avverto senza afferrare, quando l'apparentemente convulso mi svuota e non riempie.
Mi terrorizza quando rimane lì nascosta in me così a lungo da sfiorire.



giovedì, aprile 30, 2020

Via quieta, 55

"Tu sei sempre con me" mi ha scritto.
Sono passati 9 anni. Non è cambiato nulla, se non un altro addio. 

18 Maggio 2011
È l'unica casa che non si è mai mossa in questa città.
È il loro Kansas.
Le porte a vetri, una sedia a dondolo, gli oleandri, l'odore di mandorla nell'angoliera, i quadri pieni di fiori, la musica classica, la lanterna dei treni, il cestino delle mollette, il cancello bianco di ferro per entrare in balcone... i loro Penati.
Eravamo lì tutti e sei e io ci guardavo.
"Le due Isabelle" ci han detto stasera.
Metà di me fa parte di ciò che loro sono, le strizzate d'occhio inattese, gli abbracci senza vergogna, gli sguardi che scrutano, la domanda impulsiva a cosa pensi?, quel modo squisito d'essere tremendamente golosi, le reazioni brusche, le rughe d'espressione e i sorrisi. Mi sono talmente lontani però, né gli appartengo, che costantemente devo rammentare a me stessa che è quello il posto dove lui desidera che io mi senta in famiglia. Faccio vibrare così quel filo invisibile che inesorabilmente mi lega e che io non recido. Eppure in me loro non esistono.
Siamo io e lui e nessun'altro, la mia famiglia.






lunedì, aprile 27, 2020

C'è una vita ormai così lontana da me, distante, antica nel mio cuore e a cui non torno mai, che quando affiora è come una lama avvolta nella stoffa, disinnescata, quieta, eppure sempre affilata.
E lì, so di non dover far correre il pensiero se non sono disposta a faticose accettazioni.
Già che il coltello, e la sua protezione, sono sempre io.




lunedì, aprile 20, 2020

È che in fondo mi piace questa cosa dei capelli bianchi. Mi piace non truccarmi. Non truccarmi mi piace proprio un sacco. Mi piace questa trasandatezza che mi lascia tempo libero, mi porta molte meno volte allo specchio per controllare che il mascara non sbavi, mi fa lavare i capelli durante il giorno quando capita perché tanto basta il phon. Mi piace questo trascorrere degli anni su di me, che a togliere il rossetto e le camicette, i tacchi, sembro più io. Mi piace che non ho il pensiero di uno sguardo addosso e la fantasticheria che il vero amore ti vedrà bellissima, anche se non lo sei, per sempre.

venerdì, aprile 03, 2020

"Forse la vita voleva tu ti fermassi"

L'allontanarsi lento di un affanno, ricorderò sempre di questi anni silenziosi e quieti.
La fatica diluita per far tacere, finalmente, il vortice che mi turbinava dentro. I passi lenti, per davvero, che seguivano l'uno all'altro. La certezza che, ad occuparmi di me, andrà tutto bene.
E così, ho girato stretta la curva che lascia indietro il passato. Ho riposto nei cassetti i pensieri che ho indossato mille volte, ho steso alle finestre le mie risposte più umide, ad asciugare, lavato via dagli incontri mai accaduti le mie attese più vivaci.
Ho guadagnato tempo. Una stanchezza diversa.
Un passo meno saldo. Una malinconia dolce.
E forse ho perso qualcosa. Ho perso gli incanti che mi volevano davanti ad una chiesa in abito da sposa, di nuovo sotto le stelle avvolta dalle pietre di un teatro greco, avvinta in viaggi ai confini della mia realtà più trasognata.

Se tornassi indietro sceglierei ancora un finale diverso ma ho imparato, una volta ancora, che prendersi cura di se stessi salva anche dai propri desideri più segreti.




martedì, marzo 17, 2020

Aspetto d'essere sfebbrata

Sono sempre stata epica con le sceneggiature, in vita mia.
Ho un'immaginazione fertile, che posso dire. Pure buona memoria, quando la fantasia è tutta mia.
Così, in questo tempo nuovo di pacca, mi sento come febbrile.
Più o meno trentanove e due, direi.
In quello stato delirante, insomma, in cui vorresti sprofondare dentro il letto ma in testa ti ballano confusi gli ippopotami di Fantasia.

L'ho ridistribuito, questo mio tempo, tra tutte le proiezioni surreali dei miei futuri più confusi.
Come se cercassi qualcosa e pure no. Avessi fretta, ma non corro. Sete ma non bevo. Fame, quella sì.
Rotolo, insomma, come aggrappata ai granelli dentro una clessidra mentre aspetto di vedere cosa accade, di me medesima, nei mille copioni che riscrivo di continuo.
Accadrà, noiosamente e di certo, che la sorte, le coincidenze o il caos, spariglieranno tutto. Questo lo so già.
Ma mi è intollerabile non vedere la strada.
Già che se non la vedi, netta e chiara avanti a te, forse l'ippopotamo sei tu.

E no, non ho la febbre, (mamma).




mercoledì, febbraio 12, 2020

Non ci pensare.

Sai che cosa penso, 
Che non dovrei pensare, 

Ho capito che 
Per quanto io fugga 
Torno sempre a te 
Che fai rumore qui, 
E non lo so se mi fa bene, 
Se il tuo rumore mi conviene, 
Ma fai rumore sì, 
Che non lo posso sopportare 
Questo silenzio innaturale 
Tra me e te.

Fai rumore, Diodato

mercoledì, febbraio 05, 2020

I miei primi trentasette anni.

Non arrivano le rughe sul mio viso.
E allora spesso mi chiedo se sono le scelte importanti, che non ho fatto, o che non mi hanno affaticato, a lasciarmi un viso da bambina.
Eppure nel mio cuore a volte sento il peso d'un sacco d'anni, densisissimi, in cui io grande lo sono stata già.


venerdì, gennaio 10, 2020

Sui miei treni

Io, in giorni così, mi sento come quando sta per passare un treno veloce in stazione, che suona, e tutti si fermano, che ti allontani dalla linea gialla, e stringi gli occhi, le spalle, il cappotto, ti fai minuscolo per resistere al vento, e aspetti che passi. Perché tanto passa, velocissimo.



martedì, dicembre 03, 2019

Sarà che non mi sono mai piaciute le luci a intermittenza

Dev'esserci una lucina in me.
Una minuscola lucina, come quelle di Natale.
Lei sta lì ed io mi salvo.
Mi salvo sempre.
O almeno così è stato sinora.
Intorno c'è caos e lei s'illumina di più.
La gente urla e lei s'affievolisce per non farsi notare.
Cambiano gli odori, gli spazi, e lei rimane ferma.
Qualcosa mi schiaccia e lei balugina più forte.
Se qualcuno mi ferisce, mi fa luce tutt'intorno.
Coi miei entusiasmi più felici, s'agita e scodinzola tutta luccicosa.
Se qualcuno me li umilia, resta lì impettita e s'accende portentosa.
Se perdo di vista qualcosa, lei m'abbaglia senza sosta.
Se calpesto qualcuno e lo ferisco, lei s'allarma e io mi fermo.
Non credo si sia mai spenta.
E, col tempo, ho capito che per proteggermi da tutto,
persino da me, devo proteggere anche lei.



martedì, ottobre 22, 2019

Le cose che devo imparare

Quello che non mi lascia tranquilla, che mi tiene in tensione, quella tensione continuamente sottesa e sorda alle mie più razionali intenzioni, devo ancora imparare a spingerlo via.

domenica, ottobre 20, 2019

Post-it

C'è una libertà nella solitudine che è il non rispondere a nessuno di se stessi.
Che è un po' una vigliaccheria.


lunedì, ottobre 14, 2019

Post-it

E forse l'unico posto in cui mi accorgo di essere cresciuta è nel riflesso sui finestrini del treno.




mercoledì, ottobre 09, 2019

La prima aveva un tavolo di legno e un pesce alla tv. Vetri lunghi, un maglioncino d'angora spumoso e jeans con i bottoni a forma di gelato. Gazze ladre all'alba e nespole oltre il giardino. Tele umide, alberi a pastello e un cane a dondolo color arcobaleno, prova certa del gusto dubbio di Babbo Natale. Una casetta di stoffa coi porcellini. E un lupo. Un corridoio dei passi lunghi, un ripostiglio da cui prendere la rincorsa e un telefono sip unico nascondiglio del facoltosissimo topolino dei miei denti. Aveva una scatola di mattoncini pieni e una fila di matite dalle infinite sfumature. Aveva una maniglia rotta e una collanina di corallo.

La seconda aveva un'abat-jour gialla, una lanterna per i treni e un pesce in copertina. Era lunga un metro e settantaequalcosa di giochi fatti su misura. C'era uno scivolo per le pulci, una zanzara che era impossibile stecchire, a meno che non fossi io a morire dalle risate. Era piccola e di passaggio.

La terza aveva libri e riviste in ogni dove, un gatto grigio e pochi quadri alle pareti. Alte finestre dai vetri fin troppo spessi e un grande letto su cui saltare se nessuno ci vedeva. Aveva due piccole risate, di cui una tenera e biondina. Corridoi paurosi nella notte e piste da corsa per il giorno, capanne, un'altalena e spettacoli teatrali di indiscutibile prestigio. Un giradischi, jazz, un tappeto dove ballare o stendersi a pensare, un cane alto ed uno basso. Aveva il profumo della torta di carote e del cream caramel nel forno. Aveva angoli netti e ben precisi.

La quarta aveva un lungo corridoio in marmo e un balcone misterioso. C'era il tavolo in legno e un pesce in forno. Aveva avventure sconfinate e nei fine settimana odore di resina e castagne. C'era carta dappertutto ed un pulcino a forma di candela su ogni torta. Era una famiglia tutta nuova.

La quinta aveva tre tazze di latte caldo, un raggio di sole e due gocce di caffè. Un dondolo spericolato e una bicicletta tutta rosa. Mele caramellate e bomboloni, cartoni animati e un piccolo lucchetto a un diario. Il tavolo in legno, fiori a colori sui pantaloni e secchi dentro i vasi. Aveva bisticci indemoniati e un dente perduto chissà dove. C'era profumo di torta alle mele e nel weekend di funghi e miele. Aveva due letti vicini e tantissime cose da dire ad ogni ora. Aveva salami appesi alle pareti e un piccolo fagiolo da allevare. Aveva qualcosa di semplice e normale.

La sesta custodiva ancora il mio letto di legno. C'era un posto per me ma stanze e scaffali così pieni di roba che anch'io non sapevo mai se restare. C'erano lì i racconti dei miei viaggi lontani e una porta chiusa sopra i ricordi più vecchi. C'era la mia assenza e silenzi strani.

La settima aveva risate accese e lunghi pianti. Un gatto grigio ed uno bianco. Una cucina gialla, una tenda verde e una bicicletta tutta rossa. All'improvviso spaghetti lunghi e penne corte. Era uno scompiglio che si è rivelato una fortuna.

L'ottava era gialla! Aveva un continuo vai e vieni di gente misteriosa. Il caffè del pomeriggio, i corridoi sempre in pigiama, i libri letti tutti d'un fiato a notte fonda. Un topolino avventuroso, una spalla scoperta, un piercing alle labbra e yogurt a cena. Aveva il naso gelido al mattino e un vento ubriacante d'estate. Aveva muri leggeri, fucili ad acqua e una collezione di foto alle pareti. Aveva la luce brillante di chi ha assaltato il cielo.

La nona ha pesanti muri di pietra ma cuori leggeri. Ha scale che s'avvitano e porte aperte. Ha vino, fumo e risate a crepapelle. Ha il profumo del pomodoro e pezzi di stoffa ovunque. Penne ai capelli, figlie che vanno e vengono, pantofole rubate. Ha il ritmo giusto del loro amore.

La decima aveva stanze larghe e pensieri stretti. Bacchette cinesi, lunghi riccioli biondi, riviste alla moda e dolcificanti. Aveva cinque rumori di tacco differenti e non un parere in comune. Aveva un armadio rosso e un buffo furetto bianco. Aveva macchie di tempera ai baffi, sciarpe puzzolenti nascoste dentro i cassetti e un metro e sessantaequalcosa di giochi notturni proprio a misura. Aveva una porta di legno leggera, pronta ad aprirsi per andar via.

L'undicesima aveva gambe incrociate fino a notte fonda. Finestre ghiacciate e risate calde. Topolini a due piani ed un cane peloso da accartocciare. Un vetro rotto e vasi da fiore ghiacciati. Tavoli pieni di spesa, bagnoschiuma in comune e un abbraccio forte e deciso all'addio.

La dodicesima ha ancora il tavolo in legno e pesci in padella. Ha pezzi della mia vita scomposti e ricomposti. Ha il mobile in legno, le sedie e il pulcino di cera. È il risultato più folle di tutti questi anni.

La tredicesima è ora. È qui. È quella col tetto in legno e i quadri appesi. Sono i miei libri, il mio computer, questo divano vecchio e la musica appena. È un guscio dentro cui sono rinata più e più volte. È il vento alle travi e l'albero di magnolie in fondo alla via. La ballerina di tango, il pianoforte che suona tra i camini spenti, il gatto Jerry e la Jole. È il mio passato e un assaggio del mio futuro. Un'orchidea, un Mirò, un pesce rosso, un'altalena, un angelo in pietra, un gatto e un'infinità di foto che a lungo ho conservato per una nuova parete.

È  uno stargate.
È questo coraggio che mi porto dentro che lotta da sempre con una paura folle dei cambiamenti.
Questo continuo cercare un posto al sicuro pur sapendo bene che avere una casa non significano quattro pareti.