Di tutti i miei non sopporto il più sentito va a chi non soppesa mai il peso delle emozioni altrui al proprio dire. Che se il terzo principio della dinamica si applicasse alle discussioni, sarebbe come avere un peso appeso tra la propria lingua e il cuore altrui.
E se così fosse, ne sono certa, capiterebbe che tutt'a un tratto le parole più grevi comincerebbero a battere.
lunedì, ottobre 20, 2014
Nel tuo atrio c'è una pessima eco
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
6 commenti:
E' l'annosa battaglia tra Terenzio e Plauto(1). Nel tempo, mi sa che ha vinto il secondo.
(1)Banalizzo, ovviamente.
Io non le peso mai le emozioni altrui. Faccio il prezzo a occhio.
Sheldon, prima o poi io ti chiederò di farmi i disegnini, sono molto più ignorante di quel che credi :)
Franco, un po' come si fa anche in cucina!
grazie per questo tuo pensiero.
Lo condivido e lo indosso in questo momento della mia vita, come fosse un vestito cucito addosso.
No no, sono io che mi spiego in modo sincopato. Mi riferisco a "a chi non soppesa mai il peso delle emozioni altrui al proprio dire". Il conquibus è l'empatia rispetto al prossimo, che ormai mi pare sia chiaramente passata in secondo piano ovunque (o quasi). Quello che dico/scrivo/faccio che conseguenze ha sul fragile cuore altrui? Chissenefrega? Ergo, rispetto alla visione "umanista" di Terenzio (Homo sum, humani nihil a me alienum puto), credo sia più veritiera, almeno in questa fase (del doman non v'è certezza) il classico Homo homini lupus plautino. Ovviamente in senso metaforico, anche se la tua immagine, nella realtà dei fatti, sarebbe assai affascinante.
Che poi il proprio dire dev'essere mansueto ospite delle emozioni altrui. Non potrebbe essere altrimenti. Noi offriamo visioni soggettive, panorami, punti di vista. I nostri. Pretendere che siano "anche" i medesimi degli altri è follia.
Posta un commento