lunedì, febbraio 17, 2014

Puoi farne una poesia

delle cose imprecise, sbavate o dette persino a voce troppo alta,
di un manichino a pezzi,
del sapone che rimane sugli anelli,
della frutta tagliata storta,
delle macchie sui vestiti,
del segno di un dito sulla polvere o sui vetri appannati,
dell'ora sbagliata sull'orologio, di un piatto incrinato
e persino della pazienza per togliere l'uvetta dal panettone.

Puoi farne una poesia,
e mentre la scrivi accorgerti che se li fermi, certi dettagli, perdono la magia asciutta delle cose che scorrono. E si fanno pesanti e densi e inutili, scavalcando il semplice piacere di vederli accadere senza che nessuno li noti.
In silenzio.




3 commenti:

giardigno65 ha detto...

La poesia-
ma cos’è mai la poesia?
Più di una risposta incerta,
è già stata data in proposito.
Ma io non lo so, non lo so e mi aggrappo a questo
come alla salvezza di un corrimano.

Wislawa Szymborska, da L’inizio e la fine

Franco Battaglia ha detto...

Nel panettone mutilato dell'uvetta mi riesce arduo scorgere alcuna poesia...

Sheldon ha detto...

Sebbene il silenzio sia meraviglioso e semanticamente in grado di accogliere anche tanta poesia, a volte sentire gioverebbe di piú.