“ La retorica è un'arma [...] è un'invenzione dei greci e, come tale, si legittima in base a due grandi assiomi della cultura greca. Il primo è il rifiuto di distinguere radicalmente fra la ragione e il discorso, rifiuto che si esprime nella polisemia della parola logos. Il secondo è il rifiuto di separare la verità dalla bellezza, poiché il bello, come diceva Plotino, è «lo splendore del vero». Se il pensiero non può così prescindere dal discorso, l'arte del discorso costituisce il preliminare logico e pedagogico del pensiero stesso. Se, parimenti, un "bel discorso" non è necessariamente vero, un discorso mal costruito è necessariamente un discorso che suona falso.
[...] Per quanto riguarda i rimproveri di ordine etico che si possono muovere alla retorica - e che le sono sempre stati mossi - si riconducono per l'essenziale a quattro: 1) si fonda sul verosimile; 2) è intrinsecamente polemica; 3) manipola; 4) mischia, in maniera inestricabile, l'affettivo con il razionale, e la sua forza consiste proprio in questo intrico.
[...] 2) Quindi è normale che la retorica sia polemica, che sostituisca all'oggettività, impossibile nell'ambito che le è proprio, la pluralità dei punti di vista. Normale che tutto sia sottoposto alla controversia e al ragionamento. [...] È il principio fondamentale del pluralismo e della democrazia.
Sta di fatto - e la nostra metafora dell'arma è ingannevole - che la polemica non è guerra. Essa è anzi l'esatto contrario della guerra, in quanto possibile solo allorché si depongono le armi - o cedant arma togae - e allorché la battaglia cede il posto al dibattito. Il dibattito potrà essere lungo, estenuante e crudele. Ma non è la guerra, la guerra nella quale a trionfare sono la cieca casualità e la morte. Fino a che si parla, non si uccide. Meglio ancora, nel certame retorico, non si perde né si vince mai completamente a caso, e né la vittoria né la sconfitta sono irrimediabili. [...]
Che cosa avviene d'altronde quando la polemica non è più possibile? Avviene quella degradazione barbara del discorso che chiamiamo gergo e che è propria di tutte le burocrazie imperanti, di destra o di sinistra poco importa, dal momento che non sono più lì a polemizzare.Quel gergo, inframmezzato di realtà umane, fatto di frasi sostantivate, di formule rituali e incantatorie, e il cui ragionamento è costituito su pseudo-evidenze e dicotomie manichee, quel gergo è l'esatto contrario della retorica.
[...] 4) La retorica, mescolanza inestricabile dell'affettivo e del razionale. Certo, ma questa mescolanza è l'uomo stesso. Sarebbe vano credere che possiamo pensare e decidere in maniera puramente razionale, meno che meno per ciò che veramente ci riguarda. Sarebbe già bello che fossimo semplicemente "ragionevoli"! Inoltre i nostri sentimenti non sono tutti dello stesso tipo: possono essere ciechi o lungimiranti, superficiali o profondi, infantili o adulti. E il valore della retorica si misura dalla qualità dei sentimenti cui si appella e che trasmette. Resta il fatto - e l'errore fondamentale dei sofisti è l'aver creduto il contrario - che non spetta alla retorica decidere di quel valore. Esso è di pertinenza dell'etica.”
da La Retorica di Olivier Reboul
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