Per risponderti ho dovuto alzarmi dal letto. Spero apprezzerai, se non quello che sto per scriverti, almeno la solennità del gesto.
I miei 6 libri preferiti (inutile specificare che non sopporto gli elenchi e l'espressione "i libri preferiti") sono: "Il libro dell'inquietudine" di Pessoa, "L'idiota" di Dostoevskji (o come diavolo si scrive), "La versione di Barney" di Mordecai Richler, "Il cammello selvatico" di Phelippe Jaenada (ah, ecco......), "Frammenti di un discorso amoroso" di Roland Barthes e "La felicità" di Salvatore Natoli.
Tony Pagoda (il protagonista di "Hanno tutti ragione") è ciò che molti di noi napoletani, non più di primissimo pelo, con l'ambizione della dissipatezza e con il mito di avventurose adolescenze scarsamente evolutesi nell'età adulta (ma la cosa è quasi ineluttabile) avremmo voluto essere. Forse ciò mi ha fatto velo, ma a me il libro è piaciuto molto.
Se ciò basterà a fidarti di me e a farti leggere il libro ricordati che il rancore è un sentimento dannoso per chi lo coltiva.
oh, beh... certo che apprezzo, wow, anzi! Mi scuso, piuttosto, effettivamente l'ora è tarda e avrei dovuto porre la domanda in un momento più *luminoso*. Risposte celeri e precise, comunque, fantastico!
La maggior parte non li conosco, Roland Barthes dovrebbe essere nelle librerie di tutti, quello sì. Apprezzo anche la sintesi, io ad oggi faccio una gran fatica a selezionare i miei sei. Sei è un numero difficile.
E mi sarei fidata a prescindere (facevo la difficile) :) Sorrentino almeno in quanto regista ha tutta la mia attenzione e le mie migliori simpatie. Lo leggerò e ti farò sapere.
Perché dovrei portar rancore? (molto Marzulliana a quest'ora, questa domanda)
In realtà il fatto che non sopporti gli elenchi non mi esime dal farne in continuazione. Anzi è un motivo in più per farne....(ne ho fatto uno simile proprio pochi giorni fa, di qui la mia prontezza) Qui, volendo, in parte si spiega l'apparente assurdità dell'affermazione: http://francischiello.blogspot.com/2009/09/il-bello-del-brutto.html
Sei è un numero inusuale, ma trasuda onestà. A differenza di questo: http://www.youtube.com/watch?v=Eacf3Lep3O8
Scusarti? E perchè? Non si promettevano mica ritorsioni in caso di risposta non immediata :) Ho esercitato il mio libero arbitrio. Comunque onde evitare ulteriori tentazioni alla soglia delle 3 ti ho dato da leggere e guardare.... :)
la prima: ogni volta che accedo al tuo blog salto in aria per i depeche mode :)... non sono abituata ai sottofondi musicali. la seconda: Nu Latitante potrebbe rientrare a buon titolo nelle 100 migliori canzoni italiane degli ultimi vent'anni (approposito di classifiche) :D
...sarei propensa a lanciarmi in un discorso lungo e prolisso. Cosa che chiaramente farò. :)
Incoerenza, idiosincrasia, bello, brutto, sopportare, non sopportare... le sfumature. Proprio poco tempo fa discutevo del valore gnoseologico dei due concetti di Bello e Brutto... la questione non s'è dipanata ahimè per mancanza di tempo, tuttavia era di certo emerso che talvolta per contrasto ci si pone con atteggiamento più o meno propositivo verso ciò che canonicamente è considerato Brutto.
Il tuo post, molto interessante e ben scritto, mi ha suggerito un collegamento che prima non avevo fatto. L'identità. Forse è (solo?) grazie/tramite/attraverso la propria identità culturale e sociale che si definisce, per sé, esclusivamente per sé stessi, ciò che è bello e ciò che non lo è. (ho scoperto l'acqua calda)
Parlavo con questa persona, nello stesso periodo, di queste due cose e non mi è venuto in mente il collegamento o se non altro non l'ho approfondito a dovere.
Ciò che è substrato culturale, sociale, ciò che è soggettivamente di dubbio gusto, non è meno degno d'attenzione e non ha minor titolo per prender parte al simposio del Bello, proprio perché è parte integrante della cultura e della società stessa. Ne è la sostanza tra le sostanze.
Un relativismo ancora più spiccato forse e quindi intollerabile per chi ha urgenza di definire cosa è Bello, cosa è Sopportabile e cosa no. Di certo però più ricco e a mio avviso soddisfacente. ecco.
Lo sketch di Carlin è geniale e vero, anche se, come esimermi, di questo anticlericalismo così spiccato faccio sempre fatica a fidarmi, da brava agnostica.
Non sopporto i sottofondi musicali ai blog. Ma più di tutto non sopporto quelli che non sopportano i sottofondi musicali ai blog. Per cui applico ritorsioni. Verso gli altri e verso me stesso. (Mi ricorda la storiella di quel masochista che adorava farsi una doccia gelata. Per cui se la faceva calda) :)
E adesso, dopo aver dato il mio meglio nella premessa, sò ca..i
Bisognerebbe forse interrogarsi su cosa sia l'identità. Perchè certo, noi siamo la risultante di ciò che abbiamo visto, ascoltato, introiettato, delle cose e delle persone che hanno attorniato la nostra esistenza, delle influenze razionali ed emotive da cui siamo stati investiti. Ma ciò che veramente ha fatto di noi ciò che siamo è la loro particolare, irripetibile, casuale "shekeratura". Le scariche elettriche che determinano i vari percorsi sinaptici da cui derivano i nostri pensieri sono il frutto sedimentato di anni (soprattutto i primi) in cui da ogni azione abbiamo incamerato una reazione. Per cui, contrariamente a ciò che si pensa, non siamo noi a determinare i nostri pensieri, ma i nostri pensieri a determinare noi. Quasi nostro malgrado, oserei dire. Credo che Carmelo Bene, con il suo "L'uomo è una situazione, come si fa a dire Io?" intendesse più o meno questo.
Ora, dipanare questa matassa di grovigli sinaptici, che nulla ha di lineare, è cosa ardita. Come si fa a separare con un colpo di accetta i Proust e i "nu latitante", che albergano contemporaneamente dentro di noi?
AHAHAHAHHHH mi toccherà far una doccia fredda, che strazio!
Son d'accordo, non siamo noi a determinare i nostri pensieri, piuttosto il contrario. ...ma in questo caso, la differenza dell'io in quanto identità ed io in quanto soggetto pensante, è molto sottile. "Io sono io e la mia circostanza." Il rovesciamento però non ci sottrae dall'esigenza spasmodica di definire significati e significanti, quindi con buona pace di Cartesio, alla fine bisogna pur scegliere e se serve accettare. Non toglie che Proust e "nu latitante" sono come il cacio sulle pere... a suo tempo sarà sembrato un abbinamento azzardoso.
cri|stal|le|rì|a s.f. assortimento di oggetti di cristallo
Chi non perdona gli altri distrugge il ponte nel punto in cui anche lui deve passare. Proverbio africano
Il genere umano non può sopportare troppa realtà. T.S.Eliot
Anche la lotta verso la cima basta a riempire il cuore di un uomo. Bisogna immaginare Sisifo felice. Albert Camus
Talvolta si prende come cattiva abitudine l'essere infelici. George Eliot
Seri bisogna esserlo, non dirlo, e magari neanche sembrarlo. Seri si è o non si è: quando la serietà viene enunciata diventa ricatto e terrorismo. Pier Paolo Pasolini
Dire 'secondo me' è il fondamento della laicità. Carlo Flamigni
[...] ché perder tempo a chi più sa più spiace. Dante Alighieri
Le famiglie felici si somigliano sempre l'una con l'altra: ogni famiglia infelice lo è in un modo particolare. Lev Tolstoj
Le citazioni sono utili in periodi di ignoranza o di oscure credenze. Guy Debord
Sono partigiano e perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti. Antonio Gramsci
Se vuoi, sarò irreprensibilmente tenero: non un uomo, ma una nuvola in calzoni. V. Majakovski
È davvero strano che un indovino non rida quando incontra un altro indovino. Catone il Censore
A parità di energia, la verità vince sulla menzogna. Albert Camus
Forse, a ben pensarci, un pazzo non era che una minoranza formata da una sola persona. George Orwell
A memoria di rosa, non si è mai visto morire un giardiniere. Denis Diderot
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8 commenti:
Questo libro è favoloso. E per capire cosa si intenda per favoloso bisogna leggere il libro.
E in questo favoloso elenco s'è scordato dei blogger :) (e di quelli che fanno le faccine).
Prima di fidarmi dovrei farti un controinterrogatorio...
http://www.alessandrabacci.com/2009/04/chi-ti-capisce-e-bravo.html
s'è dimenticato anche i blogger che si autocitano (insopportabili) :)
Per risponderti ho dovuto alzarmi dal letto. Spero apprezzerai, se non quello che sto per scriverti, almeno la solennità del gesto.
I miei 6 libri preferiti (inutile specificare che non sopporto gli elenchi e l'espressione "i libri preferiti") sono: "Il libro dell'inquietudine" di Pessoa, "L'idiota" di Dostoevskji (o come diavolo si scrive), "La versione di Barney" di Mordecai Richler, "Il cammello selvatico" di Phelippe Jaenada (ah, ecco......), "Frammenti di un discorso amoroso" di Roland Barthes e "La felicità" di Salvatore Natoli.
Tony Pagoda (il protagonista di "Hanno tutti ragione") è ciò che molti di noi napoletani, non più di primissimo pelo, con l'ambizione della dissipatezza e con il mito di avventurose adolescenze scarsamente evolutesi nell'età adulta (ma la cosa è quasi ineluttabile) avremmo voluto essere. Forse ciò mi ha fatto velo, ma a me il libro è piaciuto molto.
Se ciò basterà a fidarti di me e a farti leggere il libro ricordati che il rancore è un sentimento dannoso per chi lo coltiva.
Serena notte.
oh, beh... certo che apprezzo, wow, anzi! Mi scuso, piuttosto, effettivamente l'ora è tarda e avrei dovuto porre la domanda in un momento più *luminoso*. Risposte celeri e precise, comunque, fantastico!
La maggior parte non li conosco, Roland Barthes dovrebbe essere nelle librerie di tutti, quello sì.
Apprezzo anche la sintesi, io ad oggi faccio una gran fatica a selezionare i miei sei. Sei è un numero difficile.
E mi sarei fidata a prescindere (facevo la difficile) :) Sorrentino almeno in quanto regista ha tutta la mia attenzione e le mie migliori simpatie. Lo leggerò e ti farò sapere.
Perché dovrei portar rancore? (molto Marzulliana a quest'ora, questa domanda)
In realtà il fatto che non sopporti gli elenchi non mi esime dal farne in continuazione. Anzi è un motivo in più per farne....(ne ho fatto uno simile proprio pochi giorni fa, di qui la mia prontezza)
Qui, volendo, in parte si spiega l'apparente assurdità dell'affermazione:
http://francischiello.blogspot.com/2009/09/il-bello-del-brutto.html
Sei è un numero inusuale, ma trasuda onestà. A differenza di questo:
http://www.youtube.com/watch?v=Eacf3Lep3O8
Scusarti? E perchè? Non si promettevano mica ritorsioni in caso di risposta non immediata :) Ho esercitato il mio libero arbitrio.
Comunque onde evitare ulteriori tentazioni alla soglia delle 3 ti ho dato da leggere e guardare.... :)
Stanti due premesse...
la prima: ogni volta che accedo al tuo blog salto in aria per i depeche mode :)... non sono abituata ai sottofondi musicali.
la seconda: Nu Latitante potrebbe rientrare a buon titolo nelle 100 migliori canzoni italiane degli ultimi vent'anni (approposito di classifiche) :D
...sarei propensa a lanciarmi in un discorso lungo e prolisso. Cosa che chiaramente farò. :)
Incoerenza, idiosincrasia, bello, brutto, sopportare, non sopportare... le sfumature.
Proprio poco tempo fa discutevo del valore gnoseologico dei due concetti di Bello e Brutto... la questione non s'è dipanata ahimè per mancanza di tempo, tuttavia era di certo emerso che talvolta per contrasto ci si pone con atteggiamento più o meno propositivo verso ciò che canonicamente è considerato Brutto.
Il tuo post, molto interessante e ben scritto, mi ha suggerito un collegamento che prima non avevo fatto. L'identità.
Forse è (solo?) grazie/tramite/attraverso la propria identità culturale e sociale che si definisce, per sé, esclusivamente per sé stessi, ciò che è bello e ciò che non lo è.
(ho scoperto l'acqua calda)
Parlavo con questa persona, nello stesso periodo, di queste due cose e non mi è venuto in mente il collegamento o se non altro non l'ho approfondito a dovere.
Ciò che è substrato culturale, sociale, ciò che è soggettivamente di dubbio gusto, non è meno degno d'attenzione e non ha minor titolo per prender parte al simposio del Bello, proprio perché è parte integrante della cultura e della società stessa. Ne è la sostanza tra le sostanze.
Un relativismo ancora più spiccato forse e quindi intollerabile per chi ha urgenza di definire cosa è Bello, cosa è Sopportabile e cosa no. Di certo però più ricco e a mio avviso soddisfacente.
ecco.
Lo sketch di Carlin è geniale e vero, anche se, come esimermi, di questo anticlericalismo così spiccato faccio sempre fatica a fidarmi, da brava agnostica.
Stante una premessa:
Non sopporto i sottofondi musicali ai blog. Ma più di tutto non sopporto quelli che non sopportano i sottofondi musicali ai blog. Per cui applico ritorsioni. Verso gli altri e verso me stesso.
(Mi ricorda la storiella di quel masochista che adorava farsi una doccia gelata. Per cui se la faceva calda) :)
E adesso, dopo aver dato il mio meglio nella premessa, sò ca..i
Bisognerebbe forse interrogarsi su cosa sia l'identità. Perchè certo, noi siamo la risultante di ciò che abbiamo visto, ascoltato, introiettato, delle cose e delle persone che hanno attorniato la nostra esistenza, delle influenze razionali ed emotive da cui siamo stati investiti. Ma ciò che veramente ha fatto di noi ciò che siamo è la loro particolare, irripetibile, casuale "shekeratura". Le scariche elettriche che determinano i vari percorsi sinaptici da cui derivano i nostri pensieri sono il frutto sedimentato di anni (soprattutto i primi) in cui da ogni azione abbiamo incamerato una reazione. Per cui, contrariamente a ciò che si pensa, non siamo noi a determinare i nostri pensieri, ma i nostri pensieri a determinare noi. Quasi nostro malgrado, oserei dire. Credo che Carmelo Bene, con il suo "L'uomo è una situazione, come si fa a dire Io?" intendesse più o meno questo.
Ora, dipanare questa matassa di grovigli sinaptici, che nulla ha di lineare, è cosa ardita. Come si fa a separare con un colpo di accetta i Proust e i "nu latitante", che albergano contemporaneamente dentro di noi?
AHAHAHAHHHH mi toccherà far una doccia fredda, che strazio!
Son d'accordo, non siamo noi a determinare i nostri pensieri, piuttosto il contrario. ...ma in questo caso, la differenza dell'io in quanto identità ed io in quanto soggetto pensante, è molto sottile.
"Io sono io e la mia circostanza."
Il rovesciamento però non ci sottrae dall'esigenza spasmodica di definire significati e significanti, quindi con buona pace di Cartesio, alla fine bisogna pur scegliere e se serve accettare. Non toglie che Proust e "nu latitante" sono come il cacio sulle pere... a suo tempo sarà sembrato un abbinamento azzardoso.
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