Mi disse che era certa. Nessun dubbio. Aveva fatto le sue prove e pur senza prove lei, in fondo, lo sapeva. Ero quasi ammirata. Non le piaceva cercar prove, che in un caso come questo, come in amore, proclamò, non ci devon esser prove, 'che le prove assomiglian tanto all'unghia che gratta sulla scarpa per vedere se è di cuoio, lasciandole un bel graffio, sospirò. Il paragone era un po' ardito ma calzante, in tutti i sensi. I graffi non li cancelli, concluse. Non ero d'accordo ma le dissi che se era certa avrebbe dovuto porre rimedio quanto prima. Annuì e se ne andò.
La vidi tornare qualche tempo dopo più determinata e risoluta. Le chiesi se era ancora convinta e la sua risposta mi sorprese. Ho comprato il lucido da scarpe venendo qui da te, disse. Risi e non capii se faceva sul serio. La guardai.
Ho comprato il lucido perché a questo punto io cancello tutto. Mi spiazzò.
Poi aspettai, in silenzio. Lei prese la scarpa e iniziò a lucidarla. La osservai bene. Ero sbigottita da quest'improvvisa decisione. Aspettai finché finì.
La tradì o forse non capii quel sorriso ch'ebbe sul viso quando si accorse che i graffi sparivano davvero. Ma tacqui, nell'attesa di capire se era seria o stava solo scherzando mentre lucidava un paio di scarpe.
domenica, giugno 26, 2011
Le storie di me che tesso per me | Il cuoio delle scarpe
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2 commenti:
I graffi, quelli profondi, non li cancelli. Sul braccio ne ho ancora uno che mi fece una gatta malandrina e irresistibile (come solo le gatte sanno essere). E sono passati tanti anni. Non fa più male ma se ne sta comunque lì, per farsi ricordare.
Una volta feci sistemare un anello, aveva un'imperfezione. Poi mi odiai per aver cambiato qualcosa che era così nata, imperfetta e bella nelle sue imperfezioni, diversa, unica. Mi diedi pace, ricordandomi, ogni volta che lo guardavo, che rappresentava il mio desiderio, il mio impegno perché fosse perfetto. Ed era bellissimo anche per questo.
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