giovedì, ottobre 20, 2011

"Di fuggire, saprei inventare mille modi."

Erano i miei silenzi improvvisi che non capivo. Potevo restare in silenzio per ore che ci fosse o meno qualcuno intorno a me. Io in quei silenzi credo fuggissi. C'era come un troppo pieno di parole e pensieri che iniziavano a subissarmi, precipitavano come grandine o affioravano dal profondo. Una sera immaginai un sacco di quelli per il grano. Era l'ennesimo pensiero che affiorava confuso e prepotente in mezzo agli altri. Rimase lì fermo per qualche ora finché, dovendo farne per forza qualcosa, decisi di infilarci dentro il mio passato. Un passato è una roba enorme, potevo in realtà solo immaginare di sfilare i pensieri, per lo più ricordi mescolati ad illusioni e desideri, come quando si sceglie un fiore tirandolo fuori dal vaso di un fiorista. E qualcuno tra l'altro mi venne subito in mente, ma mi stancai subito e il sacco rimase lì mezzo vuoto. Io, avrei voluto in fondo prendere tutto e ficcarglielo dentro senza scegliere. Volevo tutto nuovo di zecca. E mentre continuavo a pensare come fare, tornò il silenzio. E la grandine. E i pensieri che affioravano dal profondo. E ancora seduta a gambe incrociate accanto al sacco, con in mano un desiderio indecisa se metterlo dentro o no, accadde che tra i tanti pensieri, uno solo dissi ad alta voce.

Dopo averlo detto, continuai a guardare quella mia voglia profonda, infantile, timida e indifesa di fidarmi, lì nella mia mano, e mollai tutto. Poco dopo si mise a piovere.



"Magari smetto."

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