sabato, aprile 16, 2011

Metafisica dei tubi di Amélie Nothomb

C'è il Giappone e quell'incedere lento del pensiero e del tempo che io tanto amo. Ci sono i pensieri di una bambina in una donna e viceversa. C'è acqua, fiori, giardini, profumi, cioccolato bianco e orrende carpe.


In una fantasiosa autobiografia dei suoi primi tre anni di vita, a Kōbe, Amélie Nothomb mantiene quel suo stile inconfondibile, equilibrato e corrosivo, che nulla ha in realtà a che fare con la letteratura giapponese. Ti cattura, lucida, precisa eppure leggera, a tratti sorprendentemente poetica.

È una donna che scrive, ad un lettore adulto e attento. C'è un gioco invisibile quindi, sotteso, in cui cogenti riflessioni sulla vita e sulla morte diventano più "digeribili" se a maturarle è solo una bambina di tre anni.

Il tono sostenuto, ricco e apparentemente contorto delle sue osservazioni parrebbe stonare con l'età e il sottofondo sereno e tutt'altro che metafisico, della storia.
Non stona tuttavia e appare quasi credibile, a voler stare al gioco.


2 commenti:

ganfione ha detto...

non so, la nothomb mi ha lasciato con un senso di incompiutezza che dopo i primi due tre libri non mi ha fatto venir voglia di proseguire la lettura. bello stile, purtuttavia.

ale ha detto...

io prima di questo ho letto l'igiene dell'assassino. mi è piaciuto molto. e lo stile di quest'ultimo è molto diverso dal precedente. non c'è due senza tre, al terzo ti saprò dire.