venerdì, aprile 08, 2011

La tua soglia del dolore

Una soglia è forse l'atomo primo di un nonluogo. Lo sono tutte seppur nell'infinita varietà di concretezza che ha ognuna. È un confine non violato dall'inconsistenza o dalla fissità. È frattura o congiuntura nell'attraversamento e il suo contrario, o permanenza.

Amo le soglie delle chiese.
Quiete, silenziose e ferme.
Amo attraversarle quando
qualcuno mi aspetta
dall'altra parte.
Su affreschi e marmi.
Su sagrati e strade.

La si varca, vi si sosta o ce ne si allontana, con un grado di libertà variabile e scomposto. Esistono soglie il cui senso è districato dal puro e semplice riconoscimento dello stesso. Ne esistono alcune la cui esistenza è indissolubilmente legata al limite imposto dal sacrificio per il superamento, la dipartita o l'immobilità. Vi sono soglie, talvolta mutevoli, che si determinano nell'inconsapevole momento in cui, senza predeterminazione, sono attraversate. A queste ultime appartiene, non in tutti i casi contemplabili, la soglia del dolore. 

Amo le soglie delle finestre.
Ventose, fiorite o abbandonate.
Amo quel riverbero di luce,
nel buio della sera
che sa di vita.
Su intonaci e volti.
Su alberi e passanti.

La soglia del dolore è muta o ruggente. È ravvisabile in una reazione impulsiva e incontrollata, misurata attraverso i sensi e l'intelletto. Seppur di duplice carattere, fisica e mentale, la soglia del dolore nel suo superamento sortisce talvolta effetti così simili e istintivi che risulta quasi difficile avvederne differenze. La soglia del dolore, come del resto molte altre, è intima e violata non appena la si avverte.

Amo le soglie
perché sono punti sordi
o storie che ancora devono iniziare.
Amo quel non luogo
che è terra di mezzo,
quell'acerbo divenire,
certo e noncurante
di un determinarsi
anche nel disequilibrio.
Sulla vita.

Odio la mia soglia del dolore. Questa sensibilità a tratti incontrollabile che mi esplode dentro, scavalcando ogni ragionevole e cosciente limite io le imponga. È un'inspiegabile spinta istantanea ed improvvisa, un crollo verticale senza appigli. Cresce sotterranea quando vedo o percepisco una storia, un'immagine o un gesto, ad esempio, in cui l'umanità è in qualche modo pervertita, una bruttura nella realtà così grave da non riuscire ad accettarla. Si alimenta di violenza e violenta supera il mio limite. Mi doma o mi sfinisce di paura. Accade quando meno me l'aspetto ed era così già da bambina. Muta, ruggisce dentro inattesa e non mi lascia scelta.

Amo quel raggio di sole che talvolta entra nelle chiese,
nelle case,
senza attraversare la soglia d'ingresso.

2 commenti:

Minerva ha detto...

Cresce sotterranea quando vedo o percepisco una storia, un'immagine o un gesto, ad esempio, in cui l'umanità è in qualche modo pervertita, una bruttura nella realtà così grave da non riuscire ad accettarla. Si alimenta di violenza e violenta supera il mio limite. Mi doma o mi sfinisce di paura.
Conosco perfettamente questa sensazione, ed è esattamente lo squarcio che mi si apre dentro davvero troppo spesso, ultimamente :-( "Guardandomi attorno vedo cocci sparsi allontanarsi".

ale ha detto...

Colla! Quintali di COLLA! COCCOINA A GO GO! Con quel suo profumo di mandorle amare...mmm... ti si offrono i cocci da soli!