Di quella notte sulla panchina davanti al mare.
Di tutti i no e i non lo so.
Di tutte le mie fantasticherie stupide.
Di tutti questi anni.
Di quella chiesa.
Di quella volta con i gabbiani al largo.
Di tutti i viaggi mai stati.
Di così tante parole scritte.
Di ogni volta in cui ho sbagliato.
Di quando ho capito che per lui sarei tornata.
Di un'infinita attesa.
Di questo silenzio superficiale uguale a mille altri.
Di tutte le liti.
Di tutte le sorprese mai fatte.
Di tutti i compleanni soli.
Di questo tempo che è sprecato.
Di quando ormai è troppo tardi.
Di ogni giorno in cui ne ho sentito la mancanza.
Di tutte le volte in cui non c'ero.
Di tutte le volte in cui non c'era.
Di questo addio che mi sta dentro strettissimo, eppure necessario.
giovedì, aprile 12, 2018
nel cuore ho un parco giochi
martedì, marzo 21, 2017
A volte mi manchi così tanto da non riconoscermi più.
giovedì, novembre 10, 2016
Labirinto
E ora qualche passo
da parete a parete,
su per questi gradini
o giù per quelli,
e poi un po’ a sinistra,
se non a destra,
dal muro in fondo al muro
fino alla settima soglia,
da ovunque, verso ovunque
fino al crocevia,
dove convergono,
per poi disperdersi
le tue speranze, errori, dolori,
sforzi, propositi e nuove speranze.
Una via dopo l’altra,
ma senza ritorno.
Accessibile soltanto
ciò che sta davanti a te,
e laggiù, a mo’ di conforto,
curva dopo curva,
e stupore su stupore,
e veduta su veduta.
Puoi decidere
dove essere o non essere,
saltare, svoltare
pur di non farti sfuggire.
Quindi di qui o di qua,
magari per di lì,
per istinto, intuizione,
per ragione, di sbieco,
alla cieca,
per scorciatoie intricate.
Attraverso infilate di file
di corridoi, di portoni,
in fretta, perché nel tempo
hai poco tempo,
da luogo a luogo
fino a molti ancora aperti,
dove c’è buio e incertezza
ma insieme chiarore, incanto
dove c’è gioia, benché il dolore
sia pressoché lì accanto
e altrove, qua e là,
in un altro luogo e ovunque
felicità nell’infelicità
come parentesi dentro parentesi,
e così sia
e d’improvviso un dirupo,
un dirupo, ma un ponticello,
un ponticello, ma traballante,
traballante, ma solo quello,
perché un altro non c’è.
Deve pur esserci un’uscita,
è più che certo.
Ma non tu la cerchi,
è lei che ti cerca,
è lei fin dall’inizio
che ti insegue,
e il labirinto
altro non è
se non la tua, finché è possibile,
la tua, finché è tua,
fuga, fuga.
Wislawa Szymborska
mercoledì, maggio 20, 2015
nel cuore ho un parco giochi
delle cose che non ci siamo detti e mai ci diremo,
dei gesti che non abbiamo fatto, né mai faremo,
delle lune tenute fuori dalle poesie,
delle piogge dietro le tende,
dei silenzi accesissimi e rumorosi,
dei vuoti dentro le stanze, piene all'improvviso,
delle partite che non guarderò tra gli spalti,
delle lenzuola stropicciate del giorno prima,
dell'acqua dentro le chiese,
del freddo dentro le mura, sotto le stelle,
degli alberi di limone e dei giorni al mare
ho un sacco di avrei potuto di cui non mi importa,
ma gli avrei voluto sono insopportabili.
mercoledì, marzo 16, 2011
Loro
In un tubo loro
soffiavano
e quella massa informe,
di cui non si intuisce origine e forma,
incandescente com'era,
prendeva colore e consistenza
soffiavano con flebile voglia
quasi fosse quel tubo a estrarre ossigeno
dai loro polmoni
Avevo aria e il petto forte,
e piano piano
quella essenza torbida
si distendeva,
acquisiva tonalità di difficile definizione
fino ad essere
di invadente bellezza
nella sua trasparente opacità
Mi sono persa tra il rosso e l'arancio che bruciava,
e allora loro soffiavano più forte
e si dilettavano nelle stramberie
che mai avevano immaginato
nel dare a te percezione
di quel fulgore nuovo e cristallino
Danzavamo tra forme e colori
e fu cosi, che un giorno
non troppo caldo
non troppo freddo
un sole e tre nuvole
Eppure c'era un gran freddo,
videro che la tua luce non penetrava
nel vetro di cuore
in cui avevano soffiato
Non danzavamo più
e
il colore sbiadiva
a diventare nero
e
l'intenso mirabile d'un tempo
era divenuto fragile e triste
Io tenevo in ordine i colori,
il giallo, l'arancio, il rosso,
schiaffeggiarono quel livido souvenir di se stessi
e il taglio che ne ebbero
fu il più solenne dei giuramenti
...non voglio più soffiare.
un'ultima volta
domenica, luglio 18, 2010
Terre e Tempo
Vivo in una città in cui il tempo sembra un bene prezioso, ne hai sempre chiara percezione, tutto è puntuale, o quasi, tutto ha un preciso orario d'apertura e chiusura, un rispettatissimo orario d'apertura e chiusura. Per un appuntamento con un'amica prendi accordi la settimana prima e fingi che sia la distanza, che devi organizzarti, che ti ci vuole un'ora per arrivare dall'altra parte della città, quando la verità è che si tiene il tempo al polso e le giornate sono cadenzate e un incontro va appuntato, misurato.Non è Milano, poi... è questo Tempo, questa realtà che fluttua e ti dà la sensazione di doverla afferrare, fermare, trattenere. Così il tempo, adesso, "è un lusso" - dicono.E se il tempo è un lusso, se non c'è tempo da concedersi, se va centellinato, controllato, scandito con precisione, allora quando paghi per il tuo tempo lo rendi ancora più prezioso.Perché se non possiedi il tuo tempo allora la vera crisi è la perdita delle coordinate. Se non puoi fermarlo, rallentarlo e farlo correre, a meno di pagare, è una realtà completamente rovesciata quella che viviamo. Se puoi raggiungere una città da un'altra in quattro ore, ma se paghi, ti ci portano con due, allora è un tempo da borghesi quello che viviamo.Ed è tutto capovolto... perché non c'è equilibrio se per guadagnare due ore in più della tua vita devi pagare il doppio, il triplo.Perché il tempo, del tempo guadagnato, serve molto più a chi non può pagarlo.E io, in un Tempo così, vorrei poter essere sempre in ritardo, per mettere un po' le distanze - tra me e lui.
La mia terra è emersa, potente, dal Tempo scrollandosi di dosso sue manie e perversioni, la sua stretta e il suo fiato.Abbiamo conservato dei cimeli a ricordarci dei giorni passati insieme, in cui lui era qui a vivere, a fare il suo lavoro.I forestieri, luccicanti, immaginano che qui il Tempo ci sia, magari diverso, "magico" e godono, meravigliati, di questa dimensione mistica.Il Tempo, invece, ha abbandonato la mia terra senza averci mai provato abbastanza.Su queste pietre, perennemente infuocate, sono incisi i divini slanci di floride civiltà cosi come il succedersi di pensieri e passioni di re e di popoli, tutti, della mia terra, invasori, sebbene mai invasivi.Ed è il vento, l'unico intento, seppur vanamente, a scandire un incedere: sbatte su case, porte e paure di uomini gonfi di principi e scevri di Tempo: essi attendono infinitamente i loro pascoli, ma non hanno il Tempo per porsi delle domande, per agire.Talvolta in città qualcuno vaneggia di un sognato Tempo che, prima o poi, dovrebbe arrivare qui ad "aggiustare le cose" a cambiarle, lui tutto da solo.In fondo, la sua assenza è martirio e salvezza e ci guardiamo bene dall'essere troppo audaci nell'invocarlo.Le case, qui, son venute su in modo da formare un muro di cinta tra questa mia terra e l'ignoto.Il Tempo è li intorno da qualche parte, ci circonda, lambisce le nostre inesplorate coste, ma da qui, purtroppo, non lo si vede e non si sente!L'isola senza Tempo.
Durante la revisione di questo post si è preferito abbandonare il vecchio titolo "Ai bambini preferisco le patatine" in luogo d'uno più pertinente ed evocativo.