Delle parole degli altri, che mi attraversano.
Degli instancabili racconti, che mi rimangono addosso.
Delle smorfie fastidiose, che dopo le ricordo ancora.
Di tutte le risposte affollate ai miei "come stai?"
Di tutti i presuntuosi "io".
Di tutti gli smarriti "forse", "ripensandoci".
Di quei maltrattati "lui" "lei".
Della voglia, irrefrenabile, che ha la gente di parlare.
Che a volte mi sembra solo di ascoltare, e ascoltare.
Che la gente ne approfitta.
Che non se ne accorge, di cosa dice.
Che mal sopporto quando divento un contenitore.
Che sono schiacciata dai racconti, dalle loro tristezze.
Che se iniziano poi persino lo pretendono.
Che non farebbe differenza fosse un altro ad ascoltare.
Che mi chiedo come non abbiano mai il dubbio, possa aver anch'io qualcosa da raccontare.
venerdì, dicembre 08, 2017
L'empatia è una fregatura
giovedì, giugno 08, 2017
Ciliegia, sette, prugna.
Se vinco mi compro una macchina.
Ciliegia, prugna, prugna.
Sette, sette, prugna.
Ho del grasso sotto le unghia.
Ciliegia, ciliegia, sette.
Prugna, prugna, sette.
Sì, ma non la macchina che vuole mia moglie.
Prugna, sette, sette.
Devo ricordarmi di comprare il latte.
Ciliegia, ciliegia, sette.
Non ho chiamato mia sorella.
Sette, sette, prugna.
Domenica in chiesa glielo dico.
Prugna, ciliegia, sette.
Ciliegia, prugna, prugna.
C'ha pure un tatuaggio sul culo quella.
Prugna, ciliegia, ciliegia.
Che stronzo.
Prugna, prugna, sette.
Se lo becco di nuovo a fare il coglione.
Sette, sette, ciliegia.
Ciliegia, sette, prugna.
Sette, prugna, ciliegia.
Devo trovare un altro lavoro.
Prugna, ciliegia, ciliegia.
Magari l'amico di Stefano mi può aiutare.
Sette, sette, prugna.
Scarpe per ora si tiene quelle che ha.
Ciliegia, prugna, prugna.
Domani lo dico a sua madre.
Sette, ciliegia, sette.
Ma vuoi mettere che vinco?
Ciliegia, ciliegia, sette.
Dai dai dai cazzo.
Sette, sette, prugna.
Dai che voglio vincere!
Prugna, ciliegia, sette.
Se vinco vado ai Caraibi.
Prugna, prugna, sette.
Ciliegia, ciliegia, sette.
Prugna, ciliegia, prugna.
Sette, sette, ciliegia.
Prugna, ciliegia, prugna.
Devo comprare le sigarette.
Prugna, sette, sette.
Ciliegia, sette, sette.
lunedì, maggio 30, 2016
Empatia deriva dal greco ἐν, "in", e -πάθεια, dalla radice παθ- del verbo πάσχω, "soffro".
In quegli affollati io, tra i colpevoli lei, lui, loro, in tutti quei perché, quei sì lo so, i silenzi, gli infastiditi no, non in quel senso, i distintissimi ma, tra gli stupidi vedrò... ho sempre cercato di diluire la pazienza, messo a tacere i miei vabbé, ho imparato a non ripetere i lo so, e i più decisi non lo sai, ho fatto silenzio, spostato lo sguardo, ho atteso con faticosissima calma che tacesse il rimbombo degli echi, e scelto se dire i miei sindacabilisissimi però.
Più cresco più faccio una fatica enorme ad ascoltare la gente.
Infinita di più a raccontare me.
Che poi, chissà perché, han tutti un sacco di cose da dire, e nessuna voglia d'ascoltare.
lunedì, aprile 27, 2015
Acqua
Mi ha tagliato la strada correndo sul rumore impiastricciato della pioggia, aveva gli stivaletti di gomma, i pantaloni umidi e un piccolo impermeabile tutto sbracato.
"Papà vieni che qui non piove!"
"Piove anche qui"
Con un salto sul marciapiedi, il padre gli si è avvicinato appena dopo.
"No, vieni qui, che qui non piove!"
Il balcone finiva oltre tre passi e, appena sotto la pioggia, il bimbo si è coperto la testa con le braccia mentre il papà, veloce, gli ha tirato su il cappuccio, prendendolo per mano.
"Te l'ho detto che piove" e tirandolo a sé, l'ha accucciato come un grande corvo sotto l'ala.
lunedì, marzo 30, 2015
Se inizia con io... allora ascolta e basta.
Far parlare le cose col loro nome, lasciandogli scegliere le parole, i loro gesti alienati, le loro silenziose paure, i cinismi, le convenienze. Fanno così le cose che non hanno una eco, non hanno nome, né misura, né dimensione. E quando decidi che è il loro momento di parlare, ti mettono a tacere col silenzio.
E allora indispettito ti metti a chiamarle una ad una finché capricciose non si voltano e, presuntuose, ti promettono di rispondere, se proprio vuoi, ad ogni cosa.
Del farfuglio totale che ne viene, ne riconosci solo una, di parola, che, intransigente, ti mette a sedere pretendendo che tu l'ascolti finché stremato non hai più nulla da dire. "Io...io... io".
Se fai le domande giuste, ti accorgi che spesso le risposte non servono.
Conservale, quelle giuste, per i momenti in cui hai davvero voglia di ascoltare.
mercoledì, novembre 19, 2014
Squirtare è nazionalpopolare
Fino a poche settimane fa sentivi parlare di squirting pochissime persone. Chi ne conosceva il significato ne parlava in occasioni ben precise e con limpido intento. Ne parlavano con timidezza le donne, quelle meno smaliziate, con boria gli uomini e con un po' di imbarazzo i fidanzati. Lo squirting era una questione intima, un po' porca e per molti sconosciuta quasi quanto le coordinate dell'inesistente punto G.
Ma l'Italia, si sa, è la culla della moda e il parlato non può sottrarsi in alcun modo a quest'onere gravoso. Negli ultimi giorni infatti, un'espressione nuova e ribelle pare essersi introdotta nel linguaggio comune spodestando esclamazioni ormai vetuste.
Dal 28 Ottobre, squirtano tutti.
Squirtano gli amici in chat quando vogliono esprimere estremo apprezzamento. Squirtano i giornali, gli editorialisti, squirta twitter e squirtano persino i manager parlando di lavoro.
Lo squirting insomma è diventato patrimonio del parlato in un'accezione potente e contagiosa. E se il linguaggio è lo specchio dei tempi si può affermare con certezza che l'eiaculazione femminile si è rivelata all'improvviso aggregativa, in grado di raccogliere e accogliere a sé informazione, economia e non ultimo il costume.
Il maschilismo della lingua italiana chiude un occhio davanti all'inglesismo, capitolando senza alcuna resistenza contro il femmineo eccitamento. Diastratia e diafasia invece si trovano un attimo confuse ma nel caos simulano eccitazione giurando di studiare il cambiamento.
L'eiaculazione indotta insomma sembra aprire ad un avvenire pregno di cultura, rappresentando un indiscusso passo avanti nella lotta verso l'annientamento delle disparità di genere e degli stereotipi sessisti. La donna, dopo anni di inutili battaglie, si ritrova a riappropriarsi della lingua, sceglie verso quali orizzonti aprirsi e spalanca le porte al maschilismo, sfidandolo sfrontata.
Una rivoluzione in atto, quella che accade in questi giorni, e che fa ben sperare tutte noi di poterci finalmente un giorno liberare da questo immaginario maschilista che limita la nostra libertà d'espressione e il senso critico. Un sintomo positivo, va detto, anche a fronte della percentuale tutta al maschile di chi al momento ha introdotto nel suo italiano questa dirompente espressione.
Siamo un paese in evoluzione, serve coesione e obiettivi comuni e lo squirting fa da collante, più o meno in tutti i sensi.
martedì, novembre 04, 2014
Delle oche, della tivù e la camorra.
Poi m'è venuto un rigurgito per lo show. Che la gente deve sapere e giù tutti a lamentarsi dello scandalo, di tanto orrore, che davvero non se ne può più.
Spennano le oche a morte, mettono i pulcini vivi nel tritacarne, spellano vivi i procioni e pure i conigli, la camorra trivella le persone, le ricatta, le terrorizza... e poi c'è Moncler e la telecamere e tutto quello che il mondo deve sapere.
La gente queste cose non le vuole sapere, che se le sapesse, si indignerebbe giusto un momento e poi tornerebbe alle partite al pallone, alla spesa, magari la stessa che in periodo elettorale i mafiosi del quartiere gli portano fin dentro a casa.
Alla gente piace lo show. Piace lo scandalo, la crudeltà, piacciono quelli della scientifica e le torture.
La gente però lo deve sapere che a volte fa pure un po' schifo quando s'indigna e poi gli passa.
venerdì, ottobre 31, 2014
Ho una capitalista dentro e mi sta pure simpatica.
Mi piacciono i vincenti, sì.
Mi piacciono McDonald's, Facebook, Google, Apple, Coca Cola.
Mi piacciono quelli che hanno avuto un'idea o ne hanno copiata una sapendo persino fare meglio.
Mi piace l'ordine ossessivo dei Cheeseburger, mi piace la manina all'insù del Like, mi piacciono i Datacenter che conservano i dati di miliardi di persone, mi piace la retroilluminazione sulla Mela e il Rosso irripetibile delle lattine della Coca.
Mi piacciono le sfide che le vinci a suon di soldi.
Mi piace che il consumatore è sempre soddisfatto.
Mi piacciono gli haters che le disprezzano con impegno e incredibile costanza.
Mi piace McDonald's, Apple, Facebook, Coca cola e Google perché nonostante il mio spiccato senso critico, c'è una cosa che ognuna di queste aziende ha saputo fare come nessun'altra... intuire una debolezza e trasformarla in esigenza.
E questo, come poche altre cose potenti nel mondo, ha un prezzo di mercato inestimabile.
Mi piacciono i vincenti, quando ti vincono perché a lasciarli vincere sei tu. Forse.
giovedì, luglio 24, 2014
Giochi di società
Non ho mai avuto fiducia nelle donne che non si spogliano davvero. Quelle che si guardano con lo sguardo degli uomini, stanno mezze nude, e aspettano. Che gli uomini mica lo capiscono.
Le donne vere se ne fottono dello sguardo degli uomini, ammiccano, e poi si spogliano.
domenica, maggio 25, 2014
Sui grillini, Renzi e tutto il cucuzzaro.
Il campo della storia era il memorabile, la totalità degli avvenimenti le cui conseguenze si sarebbero manifestate a lungo. Inseparabilmente, la conoscenza avrebbe dovuto durare, e aiutare a comprendere almeno in parte ciò che sarebbe successo di nuovo: «un'acquisizione per sempre», dice Tucidide. In tal modo la storia era la misura di un'autentica novità; e chi vende la novità ha tutto l'interesse a far sparire il modo di misurarla.
sabato, aprile 26, 2014
"Ha fatto bene a chiamarmi, qui ci vogliono 50 euro per cambiare la resistenza"
"Ho cercato di non farlo, di non scrivergli, di non parlargli, ho cercato di resistere. Sono stato in gamba, stavolta ho smesso davvero. E non cederò, vedrai."
"Mi è venuta fame, ho dei biscotti nella credenza, finirò per mangiarne uno. Non resisto a digiuno fino a domattina."
"Stamattina mi ha chiamato mio fratello, avevamo tantissime cose da raccontarci. L'hanno tirato dentro un affare di lavoro. Non so se lavorare così tanto gli fa bene, lontano da casa non resiste, finirà per scappare da mamma nel weekend."
"Lo vedi? Lo vedi? È tutto inutile. La chiudiamo qui! Io non posso, così non resisto, io non riesco."
"Basta! Smettila! Così le fai male! Basta! Ti prego basta! Non può resistere a tutti quei colpi!"
"Andrà così: avrò voglia di venirti vicino, sedermi al tuo fianco su quella panca, al buio, sotto le stelle. Sedendomi ti sorriderò, farò in modo che la mia gamba sfiori la tua. Resterò lì fingendo di giocare con uno di quei fiori di gelsomino che fioriscono d'estate. Mi girerò appena, giusto nell'attimo in cui tu, parlandomi, mi starai guardando attento. Ti toglierò dagli occhi il mio profilo per darti distanti appena le labbra e tu potrai sentire il mio respiro. Mi avvicinerò al tuo orecchio con una scusa e tu, lo so, resisterai pur di non darmela vinta."
"Smettila di resistermi."
"Non vuoi ascoltare i miei consigli, non capisci che così finirà per stare male. Cerca di resistere ti prego, non dirle tutto adesso. Aspetta che passi qualche giorno."
"Se per favore si può sedere qui, le chiedo solo un attimo di pazienza. Riesce a resistere a questo caldo? Se le dà fastidio le porto dell'acqua. Purtroppo stanotte si è guastato il condizionatore."
Resistere a qualcosa che vuoi o che non vuoi, è sempre difficilissimo.
Buon 25 Aprile a tutti, anche se un po' in ritardo.
lunedì, febbraio 17, 2014
Non so se hai presente un governo ottimista e di sinistra
Quella di Matteo Renzi è un'Italia opportunista, apatica e scontenta. È un'Italia svampita, debole, affastellata. È un'Italia che ancora e ancora si lascia alienare dai talk show, dai videopoker, dalle sfilate in passerella, dalle riviste patinate. È un paese che non si rinnova, che non riesce a rinnovarsi, che non si ascolta e guarda solo al prezzo delle cose.
L'Italia di Renzi, quella di oggi, è un'Italia che s'è annoiata d'ascoltare, che legge a saltare e guarda solo le figure. È una nazione fatta di slogan che cambiano più veloci di un paio sporco di mutande. È destrutturata e talmente distratta che puoi governarla senza idee, senza progetti e senza nutrire aspettative.
L'Italia di Renzi è un'Italia che sa cosa vuole ma smette di volerlo se sanno venderle di meglio. L'Italia di oggi guarda al meglio salendo in cima al suo odiato palmarès di occasioni perdute.
L'Italia di oggi, di domani, ha sempre un sacco di cose da dire, da pensare, da afferrare. È in cerca di soluzioni da trovare, faccende da sbrigare e sfide da affrontare. L'Italia di oggi cambia le vecchie abitudini per sedersi su più comode poltrone.
L'Italia di oggi è disillusa, stanca e tormentata.
L'Italia di oggi non è in alcun modo rivoluzionaria.
Ed è per questo che Matteo Renzi è l'uomo giusto al posto giusto, senza alcun dubbio.
sabato, gennaio 25, 2014
giovedì, gennaio 09, 2014
Alla gente piacciono le cose sporche, oscene, ciniche e precise.
Alla gente piace parlare delle verità più amare, secche e maliziose.
Alla gente piacciono le spalle dritte tese come un manico di scopa.
Alla gente piace la bugia sfrontata, quella già sentita e giudicata.
Alla gente piacciono le cose asciutte, aspre ed impettite.
Alla gente indolente piace sentire sollevare a mezzo filo l'angolo destro della bocca, strizzare gli occhi appena e lasciarsi andare in un sorriso compiacente ed appuntito.
Ma non sempre, per fortuna.
sabato, marzo 02, 2013
Grillo e Benni, cose che stonano.
martedì, febbraio 26, 2013
L'ignoranza al potere
Quello che disgrega
Quello che scoraggia
Quello che spaventa
Quello che la gente non sa e non vuol sapere
Quello che la gente sa e fa finta di non sapere
Quello che la gente non chiede
Quello che conviene
Gli indolenti
Gli approfittatori
I poveri
Gli insoddisfatti
Gli insofferenti
Gli indifferenti
Gli ignoranti
Le croci affrettate
Le croci confuse
Le croci suggerite
Le croci obbligate
Le croci mancate
Le croci scambiate
Le croci ostinate
La facce inaffidabili
Le facce inespressive
Le facce ambigue
Le facce spente
Le facce diffidenti ed impudenti
Le facce arroganti
Le facce impenitenti
I soldi.
È un paese libero, l'Italia.
Anche di non saper trovare alternative.
martedì, febbraio 19, 2013
(Benito Mussolini)
La verità è che nessuno vuole sporcarsi le mani.
Quando non si è più bambini, appiccicarsi la colla sulle mani, non è più una cosa di cui andare fieri.
La verità è che nessuno ascolta più tante parole.
Quando non si è più bambini, la colla è utile solo quando è dosata e puntuale.
La verità è che si è fatta sempre più complicata.
Quando non si è più bambini, la colla serve solo per incollare le casette di cartone.
La verità è che nessuno vuole più responsabilità.
Quando non si è più bambini, le cose più collose, spesso sono d'intralcio e fastidiose.
La verità è che c'è un totale scollamento tra il paese reale e la politica attuale.
Ed io ero lì, stasera, appiccicata agli altri nella folla. Ed erano lì, tutti pronti, ad applaudire.
Eppure era come se non ci fosse niente che li unisse sul serio.
C'era solo una gran voglia di urlare, di inveire e protestare.
Ed ho come una forte paura che inizi a bastare questo stracciare e protestare, quando forse, invece, bisognerebbe mettersi seduti, adulti e con pazienza rincollare la fiducia.
mercoledì, novembre 14, 2012
Giochi di società
nella splendida cornice della Capitale l'autunno-inverno anche quest'anno vuole, con le sue calde nuance del rosso, la rivoluzione.
snelle e sorridenti buone intenzioni sfilano e rientrano ancheggianti nel backstage.
i critici, amanti delle borchie, ci vanno giù pesante.
Cossiga del resto ha fatto tendenza, è sempre stato un precursore.
[e aprite l'ultimo link, è vintage. e il vintage pare vada di moda.]
giovedì, marzo 01, 2012
Rossella Urru e l'arroganza dei media
In gergo tecnico si dice notiziabilità, in parole povere è il requisito necessario affinché una notizia divenga di pubblico dominio e degna di entrare nell'agenda quotidiana dei temi da trattare.
Due sono i criteri che rendono una notizia, un fatto, notiziabile: la rilevanza del fatto stesso rispetto all'ambito di riferimento e l'interesse che può suscitare o che si prevede possa suscitare, nel pubblico.
Di fatto, com'è ben noto, non sempre tutte le notizie sono realmente rilevanti o degne di nota, ma esistono delle tecniche, piuttosto consolidate, per incrementare la percezione di rilevanza di un fatto al fine di aumentare l'interesse del pubblico.
Il pubblico, va da sé, è una merce pregiata, mutevole e da vendere al miglior offerente. In quanto merce, audience, pubblica opinione, dev'essere conservato in luogo fresco e asciutto, al riparo da luce e fonti di calore.
Il pubblico è una merce fragile e non va surriscaldato.
Il pubblico sono io, sei tu che stai leggendo, è il tuo vicino di casa che cucina la peperonata alle otto del mattino ed è in primis chiunque, consapevole o meno d'esserlo, partecipa attivamente e non alla vita politica, economica e sociale di un paese.
Dagli anni Sessanta in poi è stato un continuo susseguirsi di teorie che analizzano l'impatto dei mass media sul pubblico, una per tutte e in parte ancora attuale, la teoria della Spirale del silenzio di Elisabeth Noelle-Neumann [qui per ulteriori approfondimenti ed il testo completo], la cui tesi centrale vede nella riproposizione continua e ridondante di notizie da parte dei media la causa di una sempre maggiore incapacità del pubblico di selezionare le notizie degne di interesse e di comprendere i processi di influenza dei media. Tale incapacità susciterebbe nell'individuo, a livello inconscio, il timore costante di essere una minoranza e in quanto tale escluso dalla massa dominante.
Senza voler essere troppo retorici, in soldoni, io, tu, siamo costantemente bombardati da notizie e con sempre maggiore fatica siamo in grado di sottrarci a questo flusso ostinato o riusciamo a selezionare in modo soddisfacente le informazioni.
Il punto è che da qui al trastullarsi in questo marasma, il salto è breve, anzi, non c'è proprio il salto, restiamo seduti comodamente e clicchiamo a caso, facciamo zapping, sfogliamo guardando solo le immagini.
Siamo diventati voyeur, siamo dei guardoni che letteralmente, alla stregua di un peep show, strizziamo affaticati gli occhi davanti a notizie strette, sottili come buchi e li allarghiamo invece tra le cosce di una soubrette cercando la mutanda. Ci annoiamo a leggere i testi troppo lunghi, come questo.
Senza rendercene conto diventiamo merce sempre meno di qualità.
Quindi, e qui la smetto, contro l'arroganza dei media, contro la pigrizia mentale, contro il tempo perso per farvi i fatti dei vips su twitter o della vostra amica ubriaca su facebook, io, semplicemente, mi unisco al blogging day dedicato a Rossella Urru e vi offro stavolta una scelta molto facile.
La notizia è solo una e per leggerla impiegherete lo stesso tempo che avete impiegato a cercare di capire se Belen aveva davvero le mutande:
"Nella notte tra il 22 e il 23 ottobre Rossella Urru ed altri due cooperanti spagnoli (Ainhoa Fernandez de Rincon, dell’Associazione amici del popolo saharawi, e Enric Gonyalons, dell’organizzazione spagnola Mundobat) sono stati rapiti da uomini armati, arrivati a bordo di diversi pick-up..." continua a leggere
E sì, se accanto a questa notizia ci fosse stata una galleria con le immagini della tipa mezza nuda di turno, anch'io avrei cliccato prima sulla galleria e poi sarei tornata indietro per continuare a leggere. E me ne vergogno.
martedì, gennaio 24, 2012
No results containing all your search terms were found. cit.
Il punto è che oggi m'è tornata in mente Francesca Fiocco.
Avevo cinque anni e Francesca Fiocco era la mia amica del cuore. Mi sarei tagliata un braccio, una mano, una gamba, qualunque cosa per lei.
Noi, eravamo le Amiche, con la A maiuscola.
Un pomeriggio d'estate per consacrare la nostra amicizia decidemmo persino di unirci in un patto di sangue. Al momento di tagliare, guardandoci negli occhi, all'unisono ci fu chiaro che uno sputo era più che sufficiente, e via con la stretta di mano.
Noi ci capivamo.
Francesca Fiocco mi ha insegnato a ballare e vola con quanto fiato hai in gola su Ti amo di Umberto Tozzi. Era la nostra performance migliore. Il risultato era qualcosa di sorprendente, garantisco, perché al momento del "apri la porta a un guerriero di carta igienica" c'era la piroetta con movimento di polso affarfalla, che lasciava tutti senza parole. Dopo vent'anni vi assicuro che Mourinho e Mara Maionchi restano dei pivelli al confronto.
Lei era la sorella che avrei sempre voluto. Dividevamo le merende, i compiti, il banco, i fermagli, i vestiti, tutto, eccetto i gusti in fatto d'abiti di carnevale.
Francesca Fiocco sapeva come arrampicarsi in alto per prendere di nascosto il contenitore dei biscotti. Francesca Fiocco non aveva segreti per me ed io per lei.
Eravamo una cosa sola.
E dunque oggi, dopo ventiquattro anni, sull'onda dei ricordi mi sono messa in testa di cercarla.
Ho aperto Google, ho digitato Francesca Fiocco nel campo di ricerca, ho scorso le prime tre pagine di risultati senza trovare nulla e a quel punto, sconfortata, mi è stato chiaro che è un'impresa impossibile.
Allo stato attuale dei fatti non ho idea di che fine abbia fatto Francesca Fiocco, forse non la troverò mai, forse non esiste o forse è stata per sempre fagocitata dentro quell'enorme vestito da Gabibbo rosso che era veramente, ma veramente, di pessimo gusto.
Nota dell'autrice
C'erano delle velleità sociologiche alla base di questo post, ma mi rendo conto da sola che il guerriero di carta igienica è ben più immaginifico di qualsiasi cosa io possa scrivere per stimolare i vostri pensieri. E me ne son fatta una ragione sin da subito.
Andate in pace.