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venerdì, ottobre 10, 2014

Ciò che è aggrovigliato avrà certamente a che fare col futuro #Perugia2019

Atget fotografava i riflessi delle cose nelle cose, palazzi nelle vetrine, negozi dentro i negozi, aveva capito che alcune città hanno una prospettiva silenziosa che riesci a far parlare solo se ti fermi a cercare di capirne la grammatica. Perugia è una città così, una città di prospettive, sovrapposizioni, accavallamenti. È una città che se ti fermi, rallenti o ti volti all'improvviso ti segue silenziosa eppure in tumulto. È una città col chiacchiericcio dei luoghi pieni di storia, che se solo potessi sciogliere la matassa delle parole, vivresti all'improvviso un medioevo, un rinascimento e un modernissimo italiano intrecciati senza sosta.
Ci sono sovrapposizioni di cui non ti accorgi, pietre su pietre che raccontano storie misteriose e affascinanti di profumi, sapori e rumori indifferenti al passare del tempo. Un'immortalità sempre viva e nuova che senza chiedere nulla alla storia, si reinventa sempre più viva ed indomabile.
È una città di luci gialle e bianchi iridescenti, di salite ripide e discese morbidissime, palazzi squadrati, vertiginosi e rotonde fontane. È una città in cui il contrasto è guerra e ricchezza insieme.
Ho visto città squadrate dai romani restare imprigionate fieramente nelle simmetrie più composte, ho visto città radiali e maestose lasciarsi confondere dai perpendicolari accenti del moderno, e poi ho visto Perugia, arroccata e scomposta come una donna dopo una corsa veloce, distesa tra l'oggi e il domani. Ho visto città sedate dalla storia o sconquassate dal moderno e poi ho visto Perugia che non lo sa ancora di essere così incredibilmente affascinante e forse per questo riesce ad ammiccare al futuro.



martedì, ottobre 20, 2009

Che non è un fatto di misura.

Crolla il cemento dei cornicioni, si schianta sulla strada. I vetri delle finestre esplodono e in mille pezzi piovono in testa alla gente. L'asfalto si sconquassa , si scrosta la vernice delle strisce pedonali. Le vetrine antiproiettile s'incrinano e cadono i libri giù dagli scaffali. I fari delle auto, le luci dei lampioni, i bicchieri nei bar, scoppiano e si sbriciolano. Si alza la polvere dai marciapiedi e il ferro dei tombini si contorce. Le linee elettriche vanno in cortocircuito e le macchine si schiantano ai bordi delle strade. Un padre si getta sopra il figlio per coprirlo dal crollo. Un'anziana signora perde il bastone e piomba a terra. Gli uccelli sui fili dell'alta tensione volano via impazziti.
Tutto, dopo, immobile e distrutto, tace.
Dorme, lì sotto il marciapiedi, il vermetto. E sogna d'urlare, prima d'attraversare la strada.



giovedì, giugno 25, 2009

Quando scopro di essermi già affezionata...

Credo che non scorderò mai quello che ho visto stasera.

Perché Milano è una metropoli frenetica, con intrecci radiali di strade a scorrimento veloce, non così caotica come dicono ma di certo contagiosa nel suo pensare velocemente e luccicare di vetrine e idee... è una città piena di folli in giacca e cravatta che parlano da soli nascondendo poi un auricolare nel padiglione... e strade sotterranee in cui si mescolano lingue e colori diversi, tra ventiquattrore e fisarmoniche...

ma...

stasera, alle dieci e mezza c'era ancora molta luce, al duomo, accanto al Palazzo Reale davanti al maxi schermo con la partita Spagna-Stati Uniti, il sagrato della cattedrale e parte della piazza erano un enorme comodo divano su cui sedevano qua e là stravaccate e silenziose, centinaia di persone.

Ed in realtà adesso, a ben pensarci, è ben più sorprendente la mia sorpresa nel ritenere surreale, che una grande città possa da un momento all'altro trasformarsi in un quieto bellissimo paese.