C'è il Giappone e quell'incedere lento del pensiero e del tempo che io tanto amo. Ci sono i pensieri di una bambina in una donna e viceversa. C'è acqua, fiori, giardini, profumi, cioccolato bianco e orrende carpe.
In una fantasiosa autobiografia dei suoi primi tre anni di vita, a Kōbe, Amélie Nothomb mantiene quel suo stile inconfondibile, equilibrato e corrosivo, che nulla ha in realtà a che fare con la letteratura giapponese. Ti cattura, lucida, precisa eppure leggera, a tratti sorprendentemente poetica.
È una donna che scrive, ad un lettore adulto e attento. C'è un gioco invisibile quindi, sotteso, in cui cogenti riflessioni sulla vita e sulla morte diventano più "digeribili" se a maturarle è solo una bambina di tre anni.
Il tono sostenuto, ricco e apparentemente contorto delle sue osservazioni parrebbe stonare con l'età e il sottofondo sereno e tutt'altro che metafisico, della storia.
Non stona tuttavia e appare quasi credibile, a voler stare al gioco.
sabato, aprile 16, 2011
Metafisica dei tubi di Amélie Nothomb
domenica, gennaio 23, 2011
Come San Tommaso [che c'ha messo il dito e non il naso.]
" ... perché la soluzione di ogni problema è già pronta dentro di noi. Dove? Nell'infinita potenzialità dell'essere umano. ... Questa potenzialità non è nient'altro che l'inesauribile energia della vita che fluisce dentro e fuori di noi; ... ogni essere umano può attingere alla fonte interiore che è in grado di rigenerare il suo spirito e il suo corpo con un'ondata positiva e rivitalizzante. ... Per aprire questa invisibile porta dentro di noi basta recitare Nam-myoho-renge-kyo ogni giorno."
A dire il vero, non so nemmeno com'è andata...
fatto sta che al momento ne ho ben due copie in casa...
e se una me l'hanno prestata, nella speranza che io me ne faccia una ragione,
l'altra... come diavolo è arrivata?!
...dopo aver sentito che è per via del karma che la fatidica data è la stessa (nda il riferimento è chiaramente, volutamente, criptico) e aver scoperto che qualcuno aveva già avuto la malsana idea di farmene avere una copia, direi che posso anche dargli una lettura, non si sa mai che l'universo s'accanisca proprio su di me, che tutta sta spiritualità già la reggo poco.
nam myoho renge kyo...
nam myoho renge kyo...
venerdì, settembre 18, 2009
Nothomb, Irving e Hornby
Oggi ho comprato tre libri che era da un sacco di tempo che dicevo di voler comprare, ma ne sto leggendo uno da cinquecentodieci pagine e sono solo alla settantaduesima.
Quindi, se è stato il maggiordomo, per cortesia, che mi sia detto.
domenica, agosto 23, 2009
Quando scopro l'acqua calda.
Poi ho scoperto che Carver piace a Baricco, Murakami e chissà poi quanti altri.
Ed ho capito perché mi piace Carver.
Poi ho scoperto che a Carver il suo editor correggeva i racconti.
Il suo editor, l'editor di Carver, si chiama Gordon Lish.
Lish stravolgeva i racconti di Carver, li riscriveva, quasi.
Così adesso non so se mi piace Ray Carver o Gordon Lish.
martedì, maggio 26, 2009
Cose buone dal mondo: I Monologhi della vagina
" Negli anni settanta, mentre facevo ricerche alla biblioteca del Congresso, mi imbattei in un'oscura storia dell'architettura religiosa che dava per scontato un fatto: il disegno tradizionale della maggior parte degli edifici patriarcali di culto imita il corpo femminile. Perciò ci sono un'entrata più esterna e una più interna, grandi labbra e piccole labbra, una navata centrale vaginale che porta all'altare, due strutture ovariche da ambo i lati e poi, nel sacro centro, l'altare o utero, dove avviene il miracolo, dove i maschi procreano.
Anche se questo paragone mi era nuovo, colpiva nel segno. Ma certo, ho pensato. La cerimonia principale delle religioni patriarcali è quella in cui degli uomini fanno proprio il potere yonico della creazione generando simbolicamente. Non c'è da meravigliarsi se i capi religiosi maschi ripetono così spesso che gli esserei umani sono nati nel peccato, perché siamo stati generati da creature di sesso femminile. Solo obbedendo alle regole del patriarcato possiamo rinascere attraverso gli uomini. Non c'è da meravigliarsi che preti e pastori in sottana spruzzino sulle nostre teste un surrogato del fluido natale, ci diano nuovi nomi e ci promettano la rinascita alla vita eterna. Non c'è da meravigliarsi che il clero tenti di tenere le donne lontane dall'altare, esattamente come le donne sono tenute lontane dal controllo del proprio potere riproduttivo. Vuoi sul piano simbolico vuoi nella realtà, tutto mira a dominare il potere che risiede nel corpo femminile.
Da allora, non ho più provato lo stesso senso di estraniazione, entrando in una struttura religiosa patriarcale."
venerdì, ottobre 17, 2008
Trilogia della città di K di Agota Kristof
Perchè alcuni libri ci vuole qualche giorno prima di mandarli giù. Giù abbastanza da non farli entrare nella tua percezione della realtà quotidiana, del quotidiano. Questo è uno di quelli.
Sarà che non amo le storie, le immagini o i suoni che direttamente mi riportano alla possibilità che sia pervertita facilmente l'umanità di un individuo. Sarà che preferisco ritrovare la storia di una cicatrice, di un taglio nell'anima, dentro narrazioni surreali, filtrate e non eccessivamente cruente. Sarà che questo libro, così come altri, è capitato in un momento in cui la mia sensibilità sta all'appeso, come le pesche al vino. Sarà che l'autunno è fatto così. Sì, sarà l'autunno.
Senza antipatiche disvelanti anticipazioni sulla trama, mi limito a rimarcare che una storia così ben congeniata, tormentata, delicata e brutale allo stesso tempo, non può non toccare le corde anche dell'animo più sordo e distratto.
A metà lettura avevo deciso che alla stregua di Siddharta, avrebbe conquistato il secondo posto nel podio dei libri abbandonati della mia vita. Troppo forte, troppo duro provare tutta in una volta tanta crudeltà. Una crudeltà vera, umana, istintiva, naturale, secoli di crudeltà che in un'epoca di guerra si sintetizzano in gesti concessi e silenziosi. Una crudeltà senza vergogna.
Ho aspettato un giorno e l'indomani ho ripreso a leggere.
Andando avanti è stato sempre più chiaro. Non si scioglie mai. E' un libro geniale e ben scritto, circostanze e conclusioni non si sciolgono mai veramente. Fino alla fine, oltre la fine, non si scioglie, non svanisce quell'imbarazzo, quel fastidio, la nausea che puoi provare di fronte ad un gesto inumano logico seppur incomprensibile. Gesti che non si sciolgono.
Avrei voluto scriverne subito, immediatamente, appena finito, come per tirar fuori tutto quello che inopinatamente ti mette dentro, mi ha messo dentro. Ma fino ad oggi, adesso, parlarne sembrava quasi trovargli un finale sensato, accettabile e digeribile.
Una fine c'è. E' logica, perfetta ed umana.
Ma non ti consola.
"Sono ossessionato da quel vecchio che apre la finestra alle dieci di sera e la richiude alle sette di mattina. Passa tutta la notte alla finestra. Dopo non so cosa faccia. Dorme, o ha un'altra stanza o una cucina in cui passa la giornata? Non lo vedo mai per strada, non lo vedo mai durante il giorno, non lo conosco e non ho mai chiesto niente a nessuno di lui. "
C'è anche un uomo ad una finestra.
Forse, il senso di ogni cosa.