sabato, marzo 13, 2010

C'era una finestra da cui gli uomini del mio passato mi vedevano nuda.
C'erano pantaloni pieni di minestroni scongelati.
C'era qualcuno che sparava e qualcuno che mi puntava una pistola alla testa.
C'ero io ma non c'ero.
C'era un cane morto, che si chiamava come il mio cane morto.
C'era qualcuno che piangeva disperatamente per aver perso qualcuno.
C'era da consolare qualcuno che era inconsolabile.
C'era da fargli una carezza forte e farlo poggiare sul petto per piangere.
C'era da salire su un treno.
C'era da viaggiare.
C'era da scendere.
C'era da lavarsi per via del minestrone.
C'era una vecchia amica.
Qualcuno aspettava davanti alla porta di un bagno.
Poi non era un bagno davanti alla cui porta c'era da attendere, e io ho aperto la porta.
C'era chi sentiva il bisogno d'essere ringraziato.
Non era giusto farlo, ma sentivo comunque il bisogno di ringraziare.
Alla fine non ho ringraziato.
C'era un bagno allagato d'acqua blu e disinfettante.
C'era un bagno che era una sala parto, di origami.
C'era un omino di carta diventato papà che mi salutava meccanicamente con il braccio di carta, verde.
Mi lavavo il viso.
Facevo fatica a far rientrare sempre tutto nella borsa.
Avevo paura di dimenticare qualcosa.
C'era un treno in ritardo.
C'era la foto di una spiaggia piena di conchiglie con una scritta "auguri" di cioccolato bianco.
C'era qualcuno che mi chiedeva di commuovermi sulla foto, per farmi una foto.
Non volevo ma poi di nascosto mi commuovevo, e speravo se ne accorgesse.
Alla fine si è commossa pure lei, rileggendo un vecchio diario.
C'era una corsa lungo un corridoio.
C'era qualcuno che mi veniva incontro ma era in mezzo alle persone sbagliate.
C'era qualcuno da cui mi nascondevo.
Qualcuno viaggiava in camper e gli era appena morto il cane.
C'ero io che mi rivestivo mentre avvertivo che il treno in ritardo era finalmente arrivato.
C'era il mio passato e il mio futuro che correvano lungo i binari per prendere il treno.
C'era il dubbio che il treno in realtà non fosse ancora arrivato.
Non c'era nessuna finestra da cui controllare se fosse arrivato e poi c'era.
Era arrivato ma io avevo ancora troppe cose da raccogliere per non dimenticarle.
Avevo l'ansia e niente entrava nella valigia.
Il treno stava partendo e a me veniva da piangere per la fretta.
Stavo per decidere di lasciar perdere, di non prenderlo, di aspettare il prossimo che è pure meglio, così ho più tempo per me...
ma...
alla fine, mi sono svegliata. e dopo tanti anni, mi sono seduta a scrivere la mattina presto.
...che è un po' come prendere un treno nel freddo dell'alba.

4 commenti:

Athaualpa ha detto...

un pó come morire di vecchiaia

ale ha detto...

un po' come digerire la peperonata del mercoledì, ecco.

Stella ha detto...

ti sei ammattita?;o)

ale ha detto...

:) no, è solo che faccio strani sogni, la notte.