Ho quattro anni, un tavolo in radica lunghissimo, l'inverno oltre i vetri e sto aspettando un regalo. Si spegne la luce, la finestra si apre, entra il freddo, tutti tengono il fiato sospeso per me, io corro a nascondermi sotto le sedie. Babbo Natale.
Ho ventotto anni, un sedile in formica scomodissimo, il cappotto su quello accanto e sto per ricevere un referto. I neon sono sempre accesi, una porta si apre, il medico ha una parker nel taschino e io stringo forte le mani sulla sedia prima di alzarmi. Una malattia.
Ho sei anni, la maniglia è altissima e spezzata, il sole attraversa la tenda di garza e li sento gridare. Improvvisamente il silenzio, la porta si apre, devo tornare in camera mia, appena si richiude corro lì ad aspettare. Un divorzio.
Ho ventisette anni, una scrivania in legno, calzini pesanti e sto scrivendo a qualcuno. La luce sintetica dello schermo mi si riflette in viso, il vento batte le travi del soffitto, sorrido, da sola, poi guardo la scrivania vuota accanto alla mia. Un tradimento.
Ho trentadue anni, il letto sfatto, la finestra della cucina aperta e ho un dubbio che mi assilla. Sento il rumore della doccia, il computer è acceso, i cuscini del divano sono sparsi ovunque, mi chiedo se è giusto, click. La verità.
Ho tredici anni, sulla tovaglia pane e nutella, pantaloncini corti e guardo la televisione accesa. Lei si alza, iniziano a litigare, lui lascia la forchetta e lancia qualcosa, il cane abbaia, la tavola si rovescia al contrario, lei mi urla di andare via. Ezio.
Ho venticinque anni, il marciapiede è sporco di neve, la bora tira fortissima e ho incontrato qualcuno. Le chiavi nella toppa, le scale, il profumo dell'amido caldo della pasta, mi bacia, ho un odore diverso, non è il suo, i suoi occhi terrorizzati. Una bugia.
Ho sedici anni, la porta d'ingresso socchiusa, non un soffio d'aria e io sono impietrita. Vedo le luci delle sirene in strada, la vicina urla piangendo di andare via, un occhio nero, non vuole denunciarlo. La polizia.
Ho ventinove anni, le lenzuola verdi, una lampada accanto alla barella e mi sto svegliando. Sono nuda, distesa, apro gli occhi, l'acqua mi sale in gola, la lingua non si muove, la bocca non si apre, le braccia, le gambe, il torso paralizzati, soffoco. L'anestesia.
A trentaquattro anni, a nove, trenta, diciotto, ho conosciuto un sacco di paure.
Andrà tutto bene.
domenica, agosto 27, 2017
Andrà tutto bene
Paula Bonet
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4 commenti:
Verrò a rileggerlo sempre, perchè ciò che hai scritto è vivido e bellissimo come una vista maestosa dalla finestra di una casa di passaggio che non è la tua casa ma che ti regala panorami solamente tuoi
Che bello questo commento, ti ringrazio. E benvenuta/o :)
Andrà sempre bene, passando oltre..
Ho tanto ancora da imparare sul "passare oltre"... ma confido di riuscirci.
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