Ad un certo punto mi sono accorta di essere rimasta in piedi fin troppo a lungo, così all'improvviso ho abbassato lo sguardo per cercare dove sedermi. Intorno a me c'erano mille impronte. Tracce su tracce, in un groviglio imprevisto.
Ho alzato lo sguardo, l'ho chinato di nuovo, c'erano impronte poggiate da anni.
Sono rimasta a guardarle per un tempo infinito. Per capire, per riconoscerle, per ricordarne le traiettorie.
Ho pensato di fare un salto, scavalcarle tutte e spostarmi più in là dove la terra non è ancora battuta. Invece sono rimasta in piedi, immobile e ferma.
C'erano impronte di piedi scalzi, zampe di conigli, stivali da pioggia, i passi nudi di caviglie forti e piedi lunghi. C'era la scia sottile di un tarlo, i miei passi sui tacchi e le mie impronte nude. C'erano pesanti suole di gomma, piedi piccoli, zampe di gatto e passi lenti e leggeri.
C'erano vortici e impronte dritte l'una dietro l'altra, verso di me. C'erano salti e passi in punta di piedi. C'erano orme in direzione contraria che giravano a largo per poi ritornare. C'erano passi lontano da me. E ancora lontano. E confusi ritorni in diagonale. C'erano gocce di pioggia, zampe di uccelli e una scia di venti.
Ho cercato le mie. Ferma su un piede ho cercato con l'altro di ritrovare le mie. Quelle scomposte, pesanti e storte le ho riconosciute prima di tutte. Ho cercato quelle ordinate e le ho trovate accanto a quelle leggere. C'erano impronte soffici e traiettorie sensuali come passi di un tango.
Inginocchiandomi ho disegnato un cerchio intorno alla vita, largo quanto le spalle e profondo tutto il mio peso.
Ho disegnato un cerchio perfetto grande abbastanza per potermi sedere. Ho raddrizzato la schiena, ho guardato oltre il groviglio per vederne la fine e stanca mi sono seduta al centro di tutto.
Sono qui, immobile adesso.
C'è solo una cosa che non riesco a capire.
Tra le tracce che portano a me, non ce n'è una che sia riuscita ad avvicinarsi abbastanza. Tra le tracce che portano a me, non ce n'è una che io abbia lasciato avvicinare abbastanza.
Eppure mi sento aggrovigliata e indifesa.
domenica, luglio 14, 2013
Tracce
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5 commenti:
Ciò che ti offro
Nulla di ciò che t’offro
è irraggiungibile:
cieli e solchi d’uccelli, carezze come nubi
– il tuo cuore che batte inimitabile –
Tutto questo è possibile
senza bisogno di fantasticare.
Altro non siamo che argentate tracce
lasciate dalle chiocciole nei luoghi
visitati nei sogni.
E mai nessuno chiederà in che giorno
o in che mese viviamo.
Un lampo che s’incunea dentro il tempo
è quanto ci rimane da salvare.
L’illusione di stare l’un con l’altro.
Nulla di ciò che t’offro
può sembrare impossibile:
pensieri in volo simili ad uccelli,
un ponte teso fra i nostri due mondi.
Francisco Véjar
giardigno65 Quanto sono sempre incredibilmente belle le poesie che mi lasci qui, così, in silenzio al mattino. :) Grazie
e ci sono orme che non lasciano segni sul pavimento. Non si spezzano e non si possono arrampicare su altre. Quando si cerca di mostrarle ad un amico si rimane delusi perché nessun altro le può vedere, quasi che si ritirassero spaventate dagli sguardi indiscreti.
volevo solo ringraziarti di queste parole così attente, così personali, così delicate e curate. Un praticello all'inglese di lettere. Sono arrivato qui da twitter, ho viaggiato - già che c'ero - in flickr. Mi sono posato qui.
Marco
inachis_io le sagome sui prati, dopo che ti stendi, mi sono sempre piaciute. Benvenuto! (si usa dire così, mi pare)
E grazie (sorrido, anche qui)
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