E c'era una linea dritta, non dritta in tutti i sensi, non andava verso l'orizzonte, ma era dritta, un punto dietro l'altro e filava lì lunga al suo fianco.
Non le camminava sopra, non le camminava sotto, lei non gli girava intorno e lui teneva il passo.
Era abituato a linee così. A cose così. A strade così. Finanche i suoi spaghetti, erano ordinatamente arrotolati e mai spezzati.
Una linea lunga e dritta che lo seguiva al fianco, sin dai primi istanti.
Non tornavano mai indietro per ricominciare, perché non sbagliavano mai strada. Un passo lui, un tratto lei, anche se avrebbero giurato l'uno di aver sempre seguito la retta via dell'altra e viceversa.
Filava sempre tutto liscio, mai un groviglio di parole, mai nodi impettinabili, mai pieghe senza amido, era tutto incantevolmente predeterminato e ordinato.
A buon ragione si dimenticava spesso lui di lei e lei di lui. Correvano all'unisono perfetti e non vi era alcun plausibile motivo per cui lui dovesse prestarvi attenzione notte e giorno.
C'erano quella notte le luci della sera ben accese e marciapiedi attenti ai passi falsi. Potevi giocare con le ombre o restare immobile e fermo ad ascoltare i rumori imprecisi delle vite altrui. Una macchina veloce, un colpo di tosse, chiacchiere al telefono, l'abbaio di un cane, il gocciolare calmo dei resti di pioggia, avrebbe potuto restare lì immobile per ore e invece si accorse con stupore di un errore. Se ne accorse con la coda dell'occhio, che non scodinzolava quasi mai abituato com'era a guardar dritto.
Vide l'errore e svelto corse via per ignorarlo.
A ben guardare, un problema, come diceva Einstein, non può essere risolto allo stesso livello a cui è posto, e fu per questo che da quella sera, iniziò a guardarsi indietro col timore d'essere inseguito. Faceva un passo avanti dritto e poi voltava svelto l'angolo aspettandolo al sicuro. Era certo che prima o poi l'errore l'avrebbe superato, eppure col tempo iniziò a vivere nel terrore che di soppiatto si mettesse tra i piedi attorcigliandogli la vita.
Deciso a risolvere il problema un giorno fermandosi di scatto, girò sul passo e inspiegabilmente tornò indietro.
Era un uomo abituato a cose semplici e precise, gli era impossibile trovare spiegazioni complicate, continuava infatti a cercare soluzioni chiare e lineari.
Continuò ad insistere sin tanto che si accorse incredulo di non aver più fatto un passo avanti senza farne per prudenza anche uno indietro.
E allora smise di badare alle strade attorcigliate e agli errori che immancabilmente gli si misero tra i piedi. Andò avanti imparando a spingere indietro il timore di sbagliare e filò tutto liscio fino alla fine.
2 commenti:
La geometria dei corpi
La più piccola distanza
tra due punti
è nella congiunzione
dei nostri corpi
che si attraggono in ragione inversa
della ragione e del verso.
Bacia i miei seni
viaggia la mia ipotenusa
per te perdermi nel triangolo
bagni i miei pantaloncini di Bermuda
e scopri la mia incognita
è lacerata coi tuoi cateti.
Incastra il tuo cilindro
nel mio cono del quale hai bisogno
e trova, usa ed abusa,
scopre il mio punto G...
Trova la quadratura del cerchio
nella curva delle mie anche.
Camila Sinora
giardigno65 :) bella la prima strofa, ma per me sono fin troppo spinte le altre perché suonino poesia.
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