giovedì, agosto 26, 2010

Ho conosciuto un uomo, una volta, che credeva d'essere un uomo senza fantasia.
Era una persona normale, non troppo strana, non troppo semplice, che "di persone semplici" diceva lui "non ne esistono, tranne io". E quando andava in giro per la città, camminando col suo passo pacato ma non leggero, né pesante, guardava i cornicioni dei palazzi "perché" diceva "i cornicioni dei palazzi sono rette in prospettiva estese per l'eterno e se le srotoli e con la fantasia ne immagini i percorsi, allora puoi cucire con la mente le storie dei palazzi, delle case e alla fine le vite della gente".
Che non ne avesse, di fantasia, ne era convinto al punto che passeggiava ore per le vie in attesa di riuscire ad allungarne almeno uno, di cornicione di un palazzo. Non riuscendoci iniziava a curiosare dentro le finestre, ripiegando sui barbagli "dei tv e delle sale da pranzo alla cena".
Sapevano di vita, ripeteva sempre. Gli infissi "com'è ovvio" erano "i tappi aperti di stanze Tupperware" da cui "la luce, un po' come l'acqua, ne usciva composta e squadrata lì sul bordo, fino a sciogliersi scomposta nel buio della strada".
Non aveva fantasia, lui diceva, e se gli chiedevi di inventare una storia, ti accorgevi subito, e lui sapeva bene, quanta fatica avrebbe fatto. Iniziava a sudare e cercava in ogni modo di trovare qualcosa che nessuno avesse detto.
Era un uomo senza storie. e infelice.

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