Guardo la terra oltre i miei piedi, le dita, le ossa, le vene, le caviglie, le gambe, su fino alla pancia, e mi sento minuscola, e persa. Già che non ho sempre le risposte giuste, le soluzioni giuste, la cura giusta alle mie delusioni. E mentre vorrei accucciarmi, come fanno i bambini, per terra, stringermi le ginocchia al petto e restare ferma ad aspettarle, mi accorgo di avere schiena, e braccia, e mani, e occhi forti. Ho una colonna di marmo dentro. Viva. È lei in me e sono io in lei. Sale dal ventre fino alla spalla. Tesa e contratta come un arco, aspetto continuamente che scocchi o che si spezzi. Sono un gigante.
Si arrampica sulle mie spalle, a volte, la piccola me che non sa come fare.
Schiacci credendo di venire schiacciata. L'equivoco che frega il mondo.
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