Io quelli li tiro giù. Muoverò il filo come un nastro da danza e li farò cadere.
E aspetterò che qualcuno la copra per me, così da spegnerla e accendere il suo riflesso sul mare.
E sento la mancanza di quel vento freddo e sferzante.
I sassi li toglierò dalle tasche e dalle ciotole e li metterò sul fondo di un vaso a tappare i buchi. sotto la terra.
Scenderò le scale appese al cielo e ci sarà un interruttore e se non c'è, arriverà l'inverno a spegnerlo.
E se sono pietre o sabbia le impasterò con acqua e farina e ossa e mandorle, amare, però. e se qualcuno le userà per incollare le pagine più tristi del suo diario, io le scollerò con la forza.
C'è una pillola per tutto, poi, e io le lascerò una dietro l'altra come Pollicino. verde, grande, mezza, tonda.
Le croci si faranno alberi, spirali, case, torte, i fiori dei boschi bouquet e nelle conchiglie torneranno i paguri.
Raccoglierò di nuovo i paguri nel mio secchiello rosa, per vederli uscire al tramonto in mare e nascondersi sotto i sassi più vicini, i più spaventati. cattiva. senza rendermene conto, come solo i bambini sanno.
Ma anche gli adulti. credo.
E pianoforti, bassi, sax e violini saranno schiacciati dai nidi di cicogne sui camini.
E nascerà prima una radice, di un germoglio. com'è più giusto.
E sarò stanca.
per poi riempirmi ancora d'acqua, dolce e salata, di terra.
e forse silenzi. e parole.
anche gli adulti
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